8 marzo, restituiteci il desiderio
07 Marzo 2015
di redazione
Questo titolo è un atto d’amore, naturale e libero dalle convenzioni ideologiche.
Nella spinta del mondo femminile a riequilibrare i diritti umani sono stati commessi alcuni errori.
Il più marchiano è dipeso dal non avere voluto valorizzare le diversità tra maschio e femmina. E si è cercato e usato, come obiettivo aureo, di affermare quelle che, con superficiale definizione, sono chiamate pari opportunità, ma che, in concreto, coincidono con la pari identità. Certo, sotto molti aspetti maschi e femmine – che talvolta possiamo chiamare uomini e donne – sono uguali. Per altri aspetti sono simili, ma per qualche fondamentale caratteristica sono profondamente diversi.
Chi volesse usare una bella, grande e invitante bolla di sapone come pallone da calcio coltiverebbe un desiderio innaturale. No, la bolla somiglia alla palla, ma per preordinamento naturale non lo è. Le si può soffiare contro e immaginare che si tratti di un cross. E finirebbe lì.
Il preordinamento naturale, cioè la legge immodificabile della Natura, contiene, tra i tanti elementi, anche il desiderio. Ed uso questa parola in senso lato. Il desiderio è quel sentimento che motiva le persone a cercare di avere ciò che loro manca. Ed è sempre un momento di mezzo: tra la mancanza ed il soddisfacimento sta, in mezzo, il desiderio. Un esempio? Tra la mancanza di appagamento sessuale e il suo soddisfacimento ci sta, nel mezzo, il desiderio. Esso non è un tram che ci porta da uno stato, la mancanza, ad un altro, il soddisfacimento. Esso è quella parte del bisogno che si fa sogno e segna la qualità del risultato. E poiché al desiderio si accompagna l’incertezza della sua realizzazione, la idealità del modo e la penombra incerta del suo compimento, nell’animo umano si modella un sentimento e una crescita che fanno evolvere i maschi e le femmine.
La sociologia ideologizzata ha sospinto l’umanità verso la coincidenza tra mancanza di appagamento e suo soddisfacimento, cioè: mi manca qualcosa? Me la prendo. Senza quel passaggio naturale che si chiama desiderio, si perde il vantaggio, la ricchezza, la cultura che rendono gli esseri umani beneficiari della crescita, della evoluzione da maschi a uomini, da femmine a donne. E la Natura, per fortuna ignorante di sociologia, ha marchiato a fuoco i codici del desiderio selettivo e lo ha fatto su tutti gli abitanti del regno animale. Lo ha fatto senza offesa, per dare seguito a quell’esigenza di perpetuazione di sé senza la quale essa, la Natura, avrebbe in breve tempo esaurito la propria ragione d’essere. Ma la convenzione ideologica degli umani s’è messa di traverso: ha supposto che non si trattasse di codici irrinunciabili e incancellabili ed ha fuso il bisogno sessuale con il suo soddisfacimento, senza la intermediazione del desiderio.
La fisiologia, diversamente dalla sociologia, continua ad imporre – né potrebbe cambiare – la diversità di ruolo tra maschi e femmine. Il maschio può generare quotidianamente, la femmina una volta in un anno. Gli uomini e le donne, invece, scelgono. Ciò avviene sotto l’influenza di molteplici sentimenti, anche quello della fedeltà. E il modo dei sentimenti, la loro qualità, è anche il frutto del modo di crescita dell’individuo. E sottrarre il desiderio al percorso che va dalla mancanza di appagamento a questo, impoverisce la qualità del rapporto.
Le cosce femminili, divenute arredo urbano per strategia dei mercanti e dei loro più o meno colpevoli ideologi, sono ormai un elemento dell’abbigliamento e sono sempre più raramente oggetto del sogno. E ci mancano tanto. Ci manca il desiderio di esse. Restituitecele.
P.S. : basta coprirle un po’.