Afghanistan. Accordo tra talebani e governo nella provincia di Badghis
27 Luglio 2009
di redazione
Un accordo per un cessate il fuoco è stato raggiunto tra i talebani e le autorità nella remota provincia di Badghis. Si tratta della prima intesa di questo genere mai raggiunta nel Paese. Lo ha annunciato oggi un portavoce della presidenza a Kabul.
La tregua è stata raggiunta ieri in una provincia dell’Afghanistan nord-occidentale, al confine col Turkmenistan. Punta a garantire un regolare svolgimento delle elezioni presidenziali del 20 agosto, tappa decisiva per il futuro del Paese.
Nelle ultime settimane i talebani hanno intensificato le operazioni militari proprio allo scopo di impedire la consultazione. Il governo – ha specificato il portavoce – intende stipulare simili accordi in altre province. "Finché la tregua tiene le forze governative non attaccheranno i talebani nella provincia. Ai talebani sarà anche permesso di prendere parte alle elezioni", ha detto il portavoce. I talebani d’altra parte si sono impegnati a non commettere attentati contro i candidati alle elezioni ed a consentire loro di fare una normale campagna.
Le operazioni militari, sia delle forze internazionali sia degli insorti islamici, sono meno frequenti in Badghis rispetto alle zone del paese che rappresentano la roccaforte della guerriglia come Helmand e tutte le aree dell’Afghanistan sud-orietnale.
Anche a Ovest comunque l’insicurezza cresce come dimostrano gli attacchi degli ultimi giorni alle truppe italiane, durante i quali sono stati feriti in forma lieve tre soldati. La tregua è stata negoziata grazie all’intervento dei leader tribali e di altre influenti figure della provincia, ha detto la fonte.
Intanto, il ministro della Difesa Ignazio La Russa ribadisce che le truppe italiane non saranno ritirate dall’Afghanistan, nonostante le difficoltà in cui operano: "Quello che stanno facendo i nostri ragazzi in Afghanistan è importante, imprescindibile, irrinunciabile".
Intervistato dal Corriere della sera e dalla Stampa, La Russa spiega infatti che "sarebbe più facile essere in guerra andare, bombardare… Siamo in una situazione peggiore: più pericolosa". Il ministro della Difesa osserva che "gli altri sono in guerra contro di noi. Noi non siamo tecnicamente in guerra perchè le regole d’ingaggio ci precludono certe attività". Regole, dice, che non saranno cambiate, ma che ci obbligano a muoverci "in uno scenario più difficile di quello della guerra".
A Umberto Bossi, che chiede di ritirare le truppe, il ministro risponde: "Negli ultimi anni è diventato tenero, un buon padre di famiglia. E quelle frasi le ha dette alla serata di ‘miss Padania’, in un clima familiare. Ma non c’è nessuna polemica dentro il governo, la Lega ha sempre votato a favore. Io ringrazio Bossi per l’interessamento". Di ritiro a breve, quindi non se ne parla. Quando torneranno? "Non lo so. Non fra poco", ammette. E aggiunge: "Siamo nella Nato con diritti e doveri. Tornare avrebbe conseguenze economiche e socio-politiche".