Afghanistan. Dopo il voto più pressione della Nato sui Talebani
27 Settembre 2010
di redazione
Una decina di giorni dopo le elezioni legislative, ed in attesa di risultati che certamente susciteranno polemiche, sono le operazioni militari a rubare la scena in Afghanistan, per la determinazione delle forze della Coalizione internazionale di ridimensionare una volta per tutte il potere dei talebani colpendoli nei loro stessi santuari, oltre confine in Pakistan, o nella provincia meridionale di Kandahar.
Terminata l’integrazione dell’ultimo contingente di oltre 30.000 uomini inviato dal presidente Barack Obama per un "surge" definitivo contro gli insorti, i diversi reparti della Forza internazionale di assistenza alla sicurezza (Isaf, sotto comando Nato) hanno impresso una accelerazione alle loro azioni in molte province afghane.
Questa strategia si sviluppa fra mille drammatici ostacoli che coinvolgono l’opinione pubblica, come le conseguenze di un bombardamento venerdì dell’Isaf nella provincia orientale di Laghman in cui potrebbero essere morti molti civili, o come il comportamento del soldato americano Jeremy N. Morlock, 22 anni, che ha raccontato come lui e alcuni compagni facessero parte di un ‘kill team’ che uccideva persone inermi per sport. Ma bisogna andare avanti, come hanno provato ieri sera i vertici militari dell’Alleanza quando hanno autorizzato l’invio di due elicotteri Apache per bombardare nel Waziristan pachistano nascondigli di talebani della cosiddetta "Rete Haqqani" che giorni fa avevano realizzato una offensiva contro la base americana Narizah, nella provincia afghana di Khost.
I morti sono stati decine e fonti Isaf si sono preoccupate di sottolineare che non si è trattato di uno sconfinamento illegale "perché gli elicotteri stavano seguendo le regole di ingaggio quando hanno varcato il confine con il Pakistan". Come era da immaginare, questo non ha soddisfatto il governo pachistano che ha presentato una protesta formale presso la Nato a Bruxelles sostenendo che si tratta di una "evidente infrazione e violazione del mandato in base al quale opera l’Isaf" in Afghanistan. Ma è a sud, nella regione di Kandahar considerata il principale santuario dei Talebani pashtun, che si sta giocando da qualche tempo la partita più importante con la complessa Operazione Hamkari (in dari, Cooperazione) che ormai alla sua terza fase da giugno, è giunta alle porte di Kandahar City. Lo ha annunciato in conferenza stampa il portavoce dellàIsaf, il generale tedesco Josef Blotz, che ha confermato come "specificamente Hamkari, la nostra operazione dentro e attorno Kandahar, è entrata in una importante fase, denominata ‘Operation Dragon Strike’".
Blotz ha sottolineato che l’arrivo dell’ultimo contingente statunitense ha permesso di cambiare marcia alle forze militari internazionali e che "ora sono cominciate operazioni di ripulitura attorno ai distretti di Zharay e Panjwài, dove ci aspettiamo combattimenti molto intensi". A differenza della precedente Operazione Moshtarak (Insieme) nella vicina provincia di Helmand che non sembra aver raggiunto tutti i risultati prefissati quella a Kandahar, oltre ad aver avuto finora un profilo molto più basso, è costruita su una architettura molto più complessa..’.Come ha spiegato il generale Claudio Mori, sottocapo dello Stato maggiore dell’Isaf a Kabul, "operazioni come Hamkari sono sempre più associate alla ricostruzione, La dottrina che applichiamo – ha aggiunto – prevede fasi concatenate e necessarie: shaping (delineamento dell’obiettivo), cleaning (pulizia), holding (consolidamento del controllo), e building (costruzione)".