Appello finale: votate per il berlusconismo
14 Aprile 2008
di redazione
Questa campagna elettorale sarà stata pure vacua e noiosa ma la
posta che mette in gioco è da jackpot. Il 13 e 14 aprile non si sceglie
solo se mandare al governo Berlusconi e Veltroni, ma si partecipa a un
referendum sul bipolarismo in Italia.
Ci sono state campagne
elettorali nel passato in cui la portata dell’innovazione berlusconiana
trasformava la consultazione in un referendum pro o anti Cav. Era
Berlusconi, volenti o nolenti, il perno della scelta elettorale, sia
nello sceglierlo che nel rifiutarlo.
Questa volta è proprio
il contenuto di quell’innovazione ad essere messa alla prova delle
urne. E’ il bipolarismo che la sua scesa in campo ha messo in
circolazione nel sistema italiano, in maniera ancora incerta e
confusa, che deve trovare la sua definitiva stabilizzazione o essere
seppellito per molti prossimi anni. E’ infondo la sostanza del
berlusconismo che è messa in palio.
Walter Veltroni ha
interpretato questo passaggio dalla parte del perfezionamento del
bipolarismo. La nascita del Pd è questo prima ancora che un retorico
richiamo al nuovismo. La formula ha molti difetti – il sacrificio
elettorale della Margherita in termini di seggi non mancherà di dare
problemi; alcune convivenze forzate sono foriere di ambiguità e
compromessi; l’affollamento di leader in cerca di posizioni è solo per
il momento tenuto a bada – ma nel complesso il Pd rafforza l’abitudine
bipolare alla scelta netta dell’elettore per la guida del governo.
Sul
versante opposto la nascita del Pdl corrisponde alla stessa esigenza:
la creazione di due blocchi alternativi, la cui somma elettorale si
avvicini o superi il 70 per cento, come avviene quasi ovunque in Europa
(in Spagna Psoe+Pp superano l’80 per cento, in Germania Cdu+Spd sono al
70, ecc..). E’ un requisito importante per la stabilità dei sistemi
politici, per la legittimazione reciproca tra le parti e per poter
ricorrere – in casi eccezionali – a maggioranze costituzionali in grado
di governare assieme passaggi cruciali per un paese.
Berlusconi
ha ragione quando, rispondendo a Casini che lo agita come uno
spauracchio, dice che il “Veltrusconi” non esiste. Si va in campagna
elettorale per vincere e non per pareggiare (a meno di non essere tipi
stravaganti come Giovanni Sartori che sul Corriere propone il voto
disgiunto di protesta). E se Berlusconi vince, come tutto sembra
indicare, non ci sarà bisogno d’altro per governare che i suoi eletti e
il suo programma. Quello che conta invece è che il sistema consenta –
quando è necessario – alleanze straordinarie tra le due forse politiche
maggiori.
Niente Veltrusconi dunque ma un panorama politico
stabile dove la collaborazione tra avversari (quali che siano) non sia
vista come un inciucio ma come una delle risorse (estreme) del sistema.
Lo
spauracchio vero allora non è il connubio contro- natura tra Berlusconi
e Veltroni, ma il “Casinema” o “Dalemini%E2