Berlusconi-Veltroni: il confronto in TV è tra la storia e la farsa

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Berlusconi-Veltroni: il confronto in TV è tra la storia e la farsa

02 Aprile 2008

Se questo è stato il primo
confronto TV tra i leaders dei due principali schieramenti in competizione alle
prossime elezioni politiche, figuriamoci gli altri. C’è da rabbrividire solo al
pensiero che di conferenze stampa come quelle di ieri sera ce ne toccano altre
14, per dieci serate.

Dieci serate di regia approssimativa, di inquadrature incerte
e tremebonde, di studi televisivi sciatti dei quali le rosse scrivanie non
valgono a riscattare l’innato grigiore. Dieci serate di teatrino giornalistico,
nelle quali i peggiori non fanno che replicare il copione del
cronista-con-la-schiena-dritta, che nella domanda finto-insidiosa suggerisce
già la risposta; e i migliori si travestono da sora Lella, reclamando per sé la
parte delle casalinghe, e rimpiangendo in diretta nazionale gli insegnamenti
della mamma. Dieci serate di leaders tutt’altro che in forma, dei quali quando
va bene si ricordano almeno le battute da siparietto, e quando va male le
promesse da cabaret.

E’ tutto qui il duello televisivo
tra Berlusconi e Veltroni: perché di duello si è trattato, malgrado i due non
si siano incontrati né in studio né dietro le quinte (grazie alle sapienti
cautele dei due staff). A meno che non si voglia davvero sostenere che
l’ulteriore dettaglio della compresenza di fronte a Giuliana Del Bufalo avrebbe
offerto chissà quali maggiore garanzie di democrazia e libertà, va riconosciuto
che il risultato è stato esattamente lo stesso di due anni fa. Stessa
ingessatura, stessa prevedibilità, stesso elettrocardiogramma piatto che se i
due si trovassero contemporaneamente nello studio, rispondendo a turno agli
intervistatori, con il tempo centellinato, senza mai potersi incrociare – non
solo interlocutoriamente, ma neppure televisivamente, visto il divieto di
inquadrare l’uno mentre l’altro parla.

Nelle affermazioni e nelle
risposte dei politici, come del resto nelle domande dei giornalisti, niente di
nuovo. Se Uòlter conferma fin dal suo ingresso l’allure da piacione, stringendo
la mano e dando del tu a tutti, Berlusconi mantiene l’atteggiamento sobrio e
cauto inaugurato in questa campagna. Il leader del PdL ribadisce i principali
punti del suo programma, con una particolare enfasi sulla scuola e sulla
formazione; senza lesinare una sferzata ai cosiddetti giovani, che anziché
vivere nel mito del posto fisso farebbero bene a rimboccarsi le maniche.
Sollecitato dalla Del Bufalo sullo stesso tema, non riesce altrettanto incisivo
Veltroni, che dapprima tenta di cavarsela rivolgendosi contro il feticcio
sessantottino del “sei politico”, e poi devia il discorso in tutt’altra
direzione.  

Se il Cavaliere non riserva
sorprese, snocciolando con tono pacato la medesima sequela che ormai da
settimane va ripetendo a tutta Italia, il leader del PD prova a seguire un
andamento più vario, a non ripetersi, a dare ulteriore prova di
quell’illusionismo dialettico che il suo avversario ha precedentemente lodato.
Come al solito, parla per slogan, la butta sul personale, persino sul poetico (sempre
meglio che restare nel merito, visto che interrogato sulla recessione mondiale non
sa fare di meglio che rimettersi al “parere degli economisti”). Ma trascinato
dal suo stesso eloquio, finisce per confondersi; prende cantonate (come quella
sulla “governo di transizione” guidato dalla Merkel in Germania, che non sta né
in cielo né in terra sia dal punto di vista storico che politologico), si perde
in affermazioni non supportate dai dati (come quella sulla condizione
dell’Italia dopo cinque anni di governo del centrodestra), trascura dati
impossibili da contestare, forse perché veritieri (come quelli sulla
precarietà, che Berlusconi ha mostrato essere un problema assolutamente
contenuto, e praticamente inesistente rispetto alla situazione degli altri
paesi europei). Notevole, per tutti e due, l’assenza di un paio di necessarie
domande: ma se sembra più giustificata la mancanza di quesiti sui temi etici
per il Cavaliere, che sull’argomento si è già espresso per l’”anarchia”, più
grave appare il fatto che nessuno chieda espressamente a W di Di Pietro e del
suo reale destino all’interno del PD.

Nonostante eviti sempre di
nominarlo (ufficialmente per non denigrarlo), è evidente che Veltroni ha più
che presente il suo avversario. Non solo perché, per non essere da meno del
Cavaliere, vuol rivendicare a sua volta i propri meriti nel successo di Milano
per l’Expo 2015 (per il quale dice di essersi adoperato nelle vesti di sindaco
di Roma). Non solo perché, quando individua modelli di riferimento, Veltroni
sceglie quasi sempre governi di destra, legati a doppio filo allo stesso
esecutivo Berlusconi che continua a denigrare. Non solo perché scippa con
destrezza al Cavaliere il suo programma di edilizia popolare (che, se
profferito da un imprenditore edile di rango conserva qualche affidabilità, messo
in bocca a un leader postcomunista sa di Laurentino 38, e a uno neoobamiano di
aria fritta). Ma soprattutto perché, mentre nega recisamente di voler “continuare
la campagna elettorale del ’94”, formula promesse che ricordano molto da vicino
il Cavaliere di questi quindici anni. E siccome la storia si ripete sempre in
forma di farsa, stavolta non si tratta di “meno tasse per tutti”, ma di “più
dentisti per tutti”: Veltroni ribadisce così alle telecamere l’impegno
annunciato in giornata, per creare un fondo odontoiatrico che permetta a tutti
di curarsi. Più che Berlusconi, sembra Cetto La Qualunque. Chissà se ci pensa anche
il Cavaliere, quando, lasciando la sua postazione alla fine della conferenza
stampa per fare posto al turno successivo, si congeda con una battuta sulle
file dal dentista. Certo, magari Berlusconi voleva solo alleggerire l’atmosfera:
ma chi ha presente l’impegno preso da Uòlter non può fare a meno di sorridere, vedendo
il suo proposito derubricato – come merita – a uno sketch, seppellito di
ridicolo insieme a tutta la farsa stucchevole della par condicio, che mette accanto
la storia e la farsa, e le costringe a  fare
la fila insieme.