Business e giustizia, Cina e Italia a confronto
20 Marzo 2021
Quanto il sistema giudiziario italiano inefficiente e caratterizzato da lunghi tempi di attesa penalizza il nostro Paese? Quanto il modello cinese ha da insegnare al Belpaese in termini di efficienza? Il libro “Business e giustizia. Cosa può insegnarci la Cina” di Vanessa Combattelli edito da Intermedia parte da questi quesiti per offrire un’analisi generale dei differenti impianti giuridici nazionali usando come metro di paragone proprio la competitività delle aziende e degli investitori.
Da una parte dunque abbiamo l’Italia, la quale è afflitta da problemi annosi circa la durata dei procedimenti giudiziari e l’organizzazione del lavoro all’interno dei tribunali. Dall’altra invece c’è la Cina, un Paese sempre più preponderante negli scenari mondiali che però deve fare i conti con una magistratura dipendente dal potere centrale, dove la stessa struttura delle corti mette in dubbio la trasparenza dei procedimenti.
Considerata l’importanza di un sistema giudiziario efficiente per la sua economia, dall’analisi emerge come la condizione italiana porti ad un indebolimento della sua reputazione internazionale, non permettendo una vera espressione delle proprie potenzialità produttive ed imprenditoriali. Decisiva in termini negativi è proprio la durata dei processi. La durata della procedura per la risoluzione di una controversia commerciale standard in Italia è di 1.120 giorni, quattro volte in più che in Germania, tre volte in più che in Spagna a il doppio rispetto alla Francia. Fondamentale dunque la riorganizzazione all’interno dei tribunali e una migliore capacità di gestione, le quali portano anche ad una maggiore richiesta di specializzazione dei giudici e razionalizzazione dei ruoli all’interno dello staff.
Ma la Cina è davvero più efficiente in termini di sistema giudiziario? Certo, al contrario dell’Italia, in Cina non vi sono problematicità in termini di tempo, ma, come detto, i principali ostacoli sono rappresentati dalla dipendenza della magistratura dal potere legislativo, per cui la trasparenza dei procedimenti, e da una recente classe di giuristi che si sta attualmente formando e specializzando. La Cina ha affrontato un intesto periodo riformistico in termini di giustizia, soprattutto considerando i lasciti della Rivoluzione Culturale, i quali hanno fortemente condizionato il sistema cinese rendendolo in passato debole e poco attrattivo nei confronti dei capitali esteri. Il volume analizza dunque i passi più importanti svolti dalla Cina in termini di giustizia valutandone l’efficacia e i risultati odierni. Impossibile non citare del resto come i numerosi contatti con l’estero e le controversie di carattere commerciale abbiano portato alla nascita delle China International Commercial Court.
Ancora una volta la ricetta cinese pare realizzarsi nella razionalizzazione del lavoro: per ottemperare alla minor preparazione generale dei giudici si opera in termini di specializzazione, così da settorializzare la stessa giustizia. Al tempo stesso, al fine di rendere la macchina più efficiente possibile si fa uso delle nuove tecnologie, portando alcune delle corti cinesi ad essere completamente virtuali. Il caso delle Internet Court è emblematico in tal senso, infatti viene utilizzata la tecnologia blockchain per immagazzinare i casi e gli stessi giudici vengono coadiuvati dall’Intelligenza Artificiale per abbreviare i tempi di giustizia.
Insomma, l’Italia, al fine di ottenere risultati importanti in termini di efficienza, ha bisogno di operare sulla razionalizzazione della sua giustizia, la Cina, invece, deve guadagnare la propria affidabilità ad occhi esterni attraverso un sistema più trasparente, il quale garantisca l’indipendenza della propria magistratura. Da una parte v’è ancora difficoltà a snellire il sistema giudiziario e burocratico garantendo maggior velocità ed efficienza nei processi, dall’altra, invece, vediamo realizzata una vera e propria open innovation giudiziaria, la quale però si scontra ancora con fenomeni di corruzione e protezionismo locale, alimentati dall’intera struttura che prevede le nomine dal potere legislativo.
Da notare infine l’interessante capitolo finale nel quale l’autrice si concentra sul tema della proprietà intellettuale, tema ritenuto fondamentale poiché da diversi anni rappresenta uno degli asset principali delle aziende. Per questa ragione la sua tutela giurisdizionale si collega fortemente con la possibilità di garantire un inteso circolo economico all’interno di un Paese.