Camorra. 8 arresti e 18 denunce in Toscana, sequestrati beni per 20mln
10 Giugno 2009
di redazione
Sono otto le persone arrestate e altre 18 indagate a piede libero nell’ambito dell’indagine sulle infiltrazioni camorristiche in Toscana, condotta dalle Squadre Mobili di Firenze e di Prato a partire dal 2003, con il coordinamento della Direzione Distrettuale Antimafia di Firenze. L’accusa, per tutti, è di associazione a delinquere di stampo camorristico. Nel corso dell’operazione, sono stati sequestrati beni per oltre 20 milioni di euro.
Avvalendosi di metodi intimidatori, e ricorrendo in alcuni casi a forme di violenza nei confronti delle vittime, alcuni esponenti del clan camorristico Terracciano erano riusciti a infiltrarsi nel mondo dei locali notturni della Toscana. In manette è finito il boss Giacomo Terracciano, originario di Pollena Trocchia (Napoli), ma residente a Prato.
I primi contatti con gli imprenditori, sotto forma di offerta di partecipazioni societarie o di prestiti economici, sfociavano poi in fenomeni estorsivi che consentivano l’acquisizione del controllo delle singole attività. I locali, una volta gestiti dal sodalizio criminoso, anche attraverso il ricorso a prestanome, venivano poi utilizzati per ulteriori attività illecite, tra cui lo sfruttamento della prostituzione ed il gioco d’azzardo. Dai riscontri investigativi figura che i titolari dei locali notturni, che accettavano i finanziamenti dagli esponenti del clan, restavano poi schiacciati economicamente dai tassi usurari applicati, che in alcuni casi raggiungevano anche un tasso superiore al 900%.
Oltre al boss Giacomo Terracciano, 57 anni, sono finiti in manette il fratello Carlo Terracciano, 60 anni, e i figli di Giacomo, Antonio Terracciano, 30 anni, e Francesco Terracciano, 34 anni, domiciliato a San Giorgio a Cremano (Napoli); in carcere anche Jonah Ghiselli, 30 anni, considerato uomo dei Terracciano in Versilia; Francesco Loioco, 57 anni, detto ‘il barbierinò, residente a Prato e considerato il ‘cassierè del clan; Alberto Mancin, 51 anni, imprenditore del settore dell’abbigliamento pratese, e Giovanni Calvo, 55 anni, di Mignanego (Genova), anche lui imprenditore. Le misure sono state disposte con ordinanza dal gip David Monti del Tribunale di Firenze, a conclusione delle indagini coordinate dal Procuratore Capo della Repubblica di Firenze Giuseppe Quattrocchi.
Tra i beni sequestrati al clan in tutta Italia figurano 60 immobili, una clinica dell’hinterland napoletano, 6 fabbricati a uso residenziale, dieci autorimesse, due laboratori, due magazzini, due terreni, due appartamenti, 6 società di capitali, oltre 100 tra conti correnti bancari e portafogli titoli, 16 auto di lusso e una moto, il tutto per un valore che supera i 20 milioni di euro. I beni rappresentano il profitto delle infiltrazioni dell’associazione camorristica nel mondo dei locali notturni della Toscana, e delle forme di illegalità connesse poste in essere, tra cui estorsioni, usura, sfruttamento della prostituzione, finanziamenti illegali, nonchè gioco d’azzardo e scommesse. Un filone delle indagini è iniziato nel 2004, a seguito dell’incendio di due locali notturni a Vinci (Firenze) e Quarrata (Pistoia), eseguiti da membri del clan per rovinare la concorrenza e acquisire il controllo dei locali. Sette i locali sequestrati tra Versilia, Prato e altre zone della Toscana settentrionale.
Su ordine del Giudice delle Indagini Preliminari, David Monti, del Tribunale di Firenze, che ha accolto le richieste cautelari avanzate dal Procuratore Capo della Repubblica Giuseppe Quattrocchi e dal Pubblico Ministero presso la Direzione Investigativa Antimafia di Firenze Pietro Suchan, la Guardia di Finanza di Prato, tramite apposita subdelega dalla Polizia di Stato di Firenze e Prato e dalla Guardia di Finanza di Lucca, ha arrestato due degli otto finiti in manette, Alberto Mancin e Giovanni Calvo, dediti in particolare alle attività usurarie del gruppo. Oltre a questi interventi, sono sono state effettuate una trentina di perquisizioni che hanno visto impegnati 100 finanzieri del Comando Provinciale di Prato in Toscana, Liguria, Campania, Lombardia ed Umbria.
Le indagini delle fiamme gialle traggono origine da una denuncia per usura presentata a Prato a fine 2007 da un commerciante romagnolo di capi d’abbigliamento che, caduto nella rete dei due presunti strozzini che gli avevano prestato denaro per oltre 300 mila euro con tassi usurari medi che raggiungevano il 300%, si stava vedendo costretto per ripianare i debiti accumulati a concedere ai suoi stessi usurai tutte le proprie attività commerciali oltre ad immobili ubicati sulla riviera romagnola. In alcuni casi, è stato accertato, i tassi usurari arrivavano al 1000%. In questo modo i membri del clan si assicuravano locali, ristoranti e altre attività delle vittime, impossibilitate a pagare. Le 26 persone coinvolte nell’inchiesta sono accusate, a vario titolo, di esercizio abusivo di attività creditizia e finanziaria, esercizio abusivo di scommesse, usura, estorsione, lesioni personali, sfruttamento della prostituzione, il tutto aggravato dalla finalità criminale