Casini pensa a un grande centro con Rutelli e Fini. Pdl e Lega pensano a governare
13 Settembre 2009
di redazione
Da Gubbio a Chianciano passando per Venezia. Triangolazione geografica del clima politico che prelude alla ripresa dell’attività parlamentare (martedì riapre i battenti Montecitorio, mercoledì il Senato): nel Pdl, nella maggioranza e nella prospettiva di una possibile intesa con l’Udc. Il gelo tra Fini e Berlusconi, il braccio di ferro tra il presidente della Camera e il Senatur, lo spettro (o la minaccia) di un rassemblement traversale in Parlamento in chiave anti-Lega, i rumors che ipotizzano perfino una "scissione" nel Pdl (con un gruppo parlamentare pronto a seguire Fini su biotestamento, cittadinanza, unioni di fatto, divorzio breve). E ancora: il monito del leader del Carroccio sul ritorno alle urne se qualcuno provasse a mettere in discussione l’attuale maggioranza, il disegno del "grande centro" che Casini rilancia agli stati generali del suo partito tessendo la tela con Rutelli, quest’ultimo ormai in rotta di collisione con un Pd sempre più sinistra-centro (l’ex leader della Margherita non smentisce trincerandosi dietro un sibillino "vedremo") sono la cronistoria di ciò che in questi giorni si va consumando sullo scacchiere nazionale della politica.
A Gubbio, davanti allo stato maggiore del Pdl, un Fini interventista apre il contenzioso con il Cav: boccia la gestione del partito, denuncia il deficit di democrazia interna, dice che il Pdl non deve temere la verità sulle stragi di mafia, conferma la posizione sua e dei suoi fedelissimi su biotestamento e cittadinanza, alza un argine contro la Lega sull’immigrazione. Da Venezia Bossi rispedisce le accuse al mittente, avverte che se qualcuno vuole mettere mano alla coalizione che ha vinto le elezioni, allora meglio tornare alle urne e davanti al suo popolo sventola la bandiera della "Padania libera". A Chianciano il numero uno di Montecitorio riscopre l’asse con Casini in chiave anti-Lega. E il leader centrista annuncia che se Berlusconi non dirà basta ai diktat del Senatur, in Parlamento un’altra maggioranza si può trovare "in dieci minuti". Poi il refrain sul bipolarismo da combattere senza se e senza ma e sulla linea equidistante del suo partito da Pdl e Pd.
Pontieri al lavoro nel Pdl. L’obiettivo è ricucire lo strappo di Fini. Molto dipenderà dal faccia a faccia tra il presidente della Camera e il premier Berlusconi confermato per i prossimi giorni (la data è da fissare) e le diplomazie pidielline stanno lavorando per preparare il terreno. Certo, resta l’irritazione del Cav (e dei vertici del partito) per le esternazioni della terza carica dello Stato (a Gubbio l’aria si tagliava a fette) che anche ieri è tornato alla carica sui temi della cittadinanza ricordando la storia di Nancy Pelosi, speaker della Camera statunitense. Un modo per dire che non rinuncerà alle questioni politiche poste sul tavolo del Pdl e del centrodestra.
Tuttavia, alcuni segnali distensivi ci sono. A cominciare dalle parole che lo stesso Fini ha pronunciato dal palco della kermesse centrista, in particolare il passaggio sulla necessità di mantenere inalterato lo schema bipolare e l’intenzione di restare nei ranghi del partito che ha contribuito a fondare. Sottolineature che nelle file del Pdl vengono lette come un ramoscello d’ulivo indirizzato al Cav. Il quale, a sua volta, ha scelto di non intervenire pubblicamente nella querelle col presidente della Camera, preferendo rimandare all’imminente faccia a faccia ogni chiarimento. Non solo sul partito, ma anche sui dossier che la Camera si appresta a discutere: biotestamento e cittadinanza.
L‘aut aut di Bossi. Ai toni alzo zero del Senatur seguono le dichiarazioni concilianti dei suoi "generali": Calderoli considera il voto anticipato una "pazzia", Castelli e Cota replicano a Casini sottolineando che la maggioranza è solida e durerà cinque anni. Lo stesso leader del Carroccio riconosce che "da soli si arriva prima ma alleati si va più lontani". Passaggi che il Pdl apprezza, derubricando, invece, a boutade propagandistiche o a "minaccia non reale"| il riferimento alla "Padania libera con le buone o le meno buone".
Il disegno di Casini. Per l’ex presidente della Camera non è solo un semplice progetto. E’ qualcosa di più, cioè il grimaldello per scardinare il sistema bipolare attraverso alleanze bipartisan, non tanto contro Berlusconi, ma senza di lui. Nonostante il no di Fini sul punto specifico, è nel disegno di prospettiva che Casini spende parole di compiacimento e dispensa ringraziamenti all’inquilino di Montecitorio, specie per la sua posizione sull’immigrazione (in sintonia con quella dei centristi) e per il suo impegno nella difesa dei "diritti dei parlamentari".
Al leader centrista replicano i vertici del Pdl. Sandro Bondi definisce il "grande centro" una ”vaga formula politica”, e Fabrizio Cicchitto osserva che nulla fa presagire ad elezioni anticipate. E’ proprio il capogruppo a Montecitorio a chiedere a Casini di mettere da parte i ”toni aggressivi” se non vuole compromettere la possibilità di un’intesa e quel dialogo che il Pdl vuole mantenere aperto, mentre il presidente dei senatori Pdl Gasparri bacchetta il disegno degli ex alleati: "Casini resterà deluso". Quanto agli scenari tratteggiati dal leader centrista su una maggioranza "ampia e diversa" pronta a dire basta alla Lega, Quagliariello non vede alcun motivo per immaginare un ipotetico ritorno alle urne. "In questo primo anno e mezzo di legislatura – sottolinea – la maggioranza ha dimostrato compattezza, reggendo di fronte alle emergenze più difficili e rispettando gli impegni assunti con gli elettori. Il nostro intento è andare avanti su questa stessa linea".Non a caso, il vicecapogruppo del Pdl a Palazzo Madama ricorda che "in democrazia di elezioni anticipate si parla solo quando non ci sono più le condizioni per garantire il rispetto della sovranità del popolo".
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No del Pd. L’idea del "grande centro" incassa un no netto anche dal partito democraticol Pd. E’ Franceschini ad affossare il progetto di Casini rimarcando, non senza una vena ironica di assistere "al trentaduesimo tentativo di fare il grande centro perché si mette la parola grande davanti ma poi ci si accorge che è piccolo, residuale". Il leader democrat rilancia la validità del modello bipolare e osserva che esiste in Europa e nel mondo; anche per questo "noi non possiamo tornare indietro e non vorrei che un giorno scoprissimo che il bipolarismo è stato creato attorno a Berlusconi e contro di lui". Insomma, avanti così perchè un conto sono le alleanze programmatiche, altro è rispolverare vecchi modelli che "vanno da Mastella a Diliberto, da Pecoraro Scanio a Dini". Messaggio per D’Alema e Bersani, convinti sostenitori del modello "Unione".
Dunque, quella che si apre sarà una settimana decisiva per capire come e se le polemiche di questi giorni avranno effetti concreti nella maggioranza e negli equilibri interni al Pdl. A cominciare dalla partita tra Berlusconi e Fini, ancora tutta da giocare.