Caso Cucchi. Testimone: “Erano in 3 a picchiare, ma non carabinieri”
18 Novembre 2009
di redazione
"Erano in tre a picchiare, ma non carabinieri". È quanto dichiarato il 3 novembre scorso ai pm romani che indagano sulla morte di Stefano Cucchi dal cittadino del Gambia, S.Y., detenuto per droga in una struttura di assistenza per tossicodipendenti e principale testimone dell’inchiesta.
Il verbale di assunzione di informazioni, di 29 pagine, è stato redatto con l’assistenza di un interprete. E proprio alcune difficoltà di traduzione sono state incontrate dagli inquirenti nel corso dell’atto istruttorio tanto da dover far ripetere più volte alcune circostanze relative alla ricostruzione dei fatti.
S.Y. è il detenuto che, insieme con Cucchi, il 16 ottobre scorso si trovava in una delle celle di sicurezza del tribunale di Roma per l’udienza di convalida del fermo. All’inizio del suo colloquio con i pm, il teste – si legge nel verbale – afferma di non ricordare che lui e Cucchi furono ammanettati insieme prima di essere portati a Regina Coeli, poi confonde la data del 16 ottobre con quella del 18, alla fine ricorda di essere stato con Stefano nella stessa cella.
"Era magro – afferma – la faccia carina, il cappuccio in testa". Quindi l’extracomunitario parla delle prime parole scambiate con l’italiano: "Lui dire me – traduce l’interprete – se ho droga, io dire ‘no, non ce l’hò, e lui dire ‘io ce l’ho dentro’". Descrivendo le modalità della presunta aggressione a Cucchi, S.Y. inizialmente afferma: "l’hanno aggredito, gli hanno dato un calcio… carabinieri…". Poi, a domanda se siano stati i militari dell’arma, risponde: "no – traduce l’interprete – gli accompagnatori… quindi sarà la penitenziaria".