Ciancimino: indagati 4 parlamentari, Vizzini si dimette dall’Antimafia
11 Giugno 2009
di redazione
"Ho ricevuto un avviso di garanzia per corruzione con l’aggravante dell’art. 7 in relazione alle vicende del cosiddetto ‘Gruppo Gas’ (Ciancimino-Lapis). Per questa ragione ho immediatamente rassegnato le mie dimissioni dalla commissione parlamentare Antimafia". Sono queste le parole rilasciate in una nota dal senatore del PdL, Carlo Vizzini, presidente della Commissione Affari costituzionali in merito alle indagini che lo vedono implicato nell’inchiesta sul tesoro accumulato illecitamente da Vito Ciancimino.
"Ho la serenità – ha aggiunto Vizzini in una nota – di chi sa di essere estraneo a ipotesi di reato e di potere compiutamente rispondere ai magistrati. Adesso si potrà fare luce sulle verità, mettendo fine al lungo e spesso velenoso chiacchiericcio che negli ultimi mesi mi ha accompagnato". Il senatore ha poi aggiunto che, dopo avere contrastato per anni la mafia, i mafiosi ed i comitati d’affari, prova una profonda amarezza per la situazione. "Proprio per questo devo essere rigoroso e coerente con me stesso e dunque ho immediatamente rassegnato le mie dimissioni dalla commissione parlamentare Antimafia, riservandomi di assumere altre decisioni dopo che sarò stato sentito dai magistrati. Ho sempre messo nel conto che la lotta alla mafia avrebbe scatenato risentimenti gravi di cui ho avuto percezione anche di recente, ma sono certo – ha concluso Vizzini – che c’è una sede nella quale si può essere tutelati dalla infamia e a questa adesso mi affido".
La procura della Repubblica ha inviato avvisi di garanzia a quattro senatori siciliani perché ritenuti coinvolti nell’inchiesta sul tesoro accumulato illecitamente da Vito Ciancimino. Si tratta di Carlo Vizzini (Pdl), Saverio Romano, Salvatore Cuffaro e Salvatore Cintola (tutti dell’Udc). I capi di accusa formulati dai pm Antonio Ingroia e Nino Di Matteo contro i parlamentari sono di corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio, aggravato dall’avere agevolato la mafia.
L’inchiesta è scaturita dalle più recenti dichiarazioni dell’ultimogenito di Ciancimino, Massimo, già condannato in primo grado a 5 anni e 8 mesi di carcere per riciclaggio dei soldi del padre. Ciancimino avrebbe rivelato di avere utilizzato somme di un conto corrente svizzero riconducibile al padre per pagare politici che avrebbero facilitato l’aggiudicazione di appalti per la concessione del gas ad una impresa di cui il padre era socio occulto. Di questi pagamenti si sarebbe occupato il tributarista Gianni Lapis, condannato anche lui nel processo per riciclaggio. Il denaro prelevato dal conto svizzero da un altro imputato condannato, l’avvocato romano Giorgio Ghiron, sarebbe stato distribuito a Vizzini e, attraverso Cintola, a Romano e Cuffaro. Gli avvisi di garanzia sono stati notificati agli indagati che si trovavano a Palermo e a Roma. Per martedì sono fissati gli interrogatori.
Secondo l’accusa il denaro proveniente da un conto svizzero in cui affluiva parte del tesoro illecito di Vito Ciancimino, veniva distribuito ai capi partito o ai capi corrente, che poi avevano il compito di agevolare l’aggiudicazione degli appalti e la concessione dei lavori per la metanizzazione nei vari paesi dell’isola. A riscontro delle dichiarazioni di Massimo Ciancimino, ci sarebbero parziali ammissioni del tributarista Lapis, ma anche documenti, intercettazioni ambientali e telefoniche che per essere contestate ai senatori indagati, dovranno prima essere trasmesse al Parlamento insieme alla richiesta di utilizzazione.