Di Pietro parla come il Cav: mele marce e cospiratori

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Di Pietro parla come il Cav: mele marce e cospiratori

27 Dicembre 2010

La vicenda dipietresca sta attraversando la fase tragica del contrappasso. Sentire Tonino parlare il linguaggio di Berlusconi, evocare gli stessi spauracchi, inciampare nelle stesse trappole fa, a dir poco, tenerezza.

Nella conferenza stampa di fine d’anno, sul finale di una maratona oratoria che aveva sfiancato il premier e più ancora i giornalisti, Telese, del Fatto Quotidiano, sciorina a Berlusconi le malefatte di un po’ di suoi ministri ed ex ministri: Scajola, Bondi, Brambilla. Lui, il Cav. stancamente si difende con la flebile teoria della mela marcia: “Sono casi spiacevoli, ma su 100 persone è impossibile trovare 100 santi, qualcuno può essere abbastanza lontano dalla santità. Succede nell’apparato umano, succede in tutta la società. Succede perché l’uomo e la donna non sono esseri perfetti”. Insomma, in politica, come nella vita la perfezione non è di casa.

Una risposta a caldo, sul filo della stanchezza, forse un po’ arrendevole, tanto che i suoi ministri non devono averla presa proprio bene. Ma niente di scandaloso: una considerazione di carattere generale persino condivisibile.

Tutt’altro suono però hanno le stesse parole se a pronunciarle è Tonino Di Pietro parlando della sua Italia dei Valori, le cui fortune politiche sono state costruite solo e soltanto sulle disgrazie giudiziarie altrui. Così quando nel partito e dintorni (Micromega)  gli fanno le pulci sulla questione morale di casa sua, ecco che le vesti del poliziotto nazionale lasciano spazio a quelle dell’assolutore: “Sulla questione morale non v’è dubbio che un partito che nasce dal nulla, un fiore spontaneo, ogni tanto si trova a vedere nel proprio campo qualche erbaccia cattiva”: Mele marce, erbacce cattive, la musica è la stessa. Ma non basta: Di Pietro è costretto a promettere vaghe contromisure di pulizia interna: “Voglio rassicurare tutti sul fatto che c’è un impegno preciso del partito per una militanza trasparente, del quale parleremo in un esecutivo nazionale a gennaio… Voglio tranquillizzare tutti sul fatto che, piano piano, l’acqua sta diventando pulita”.

Bene dunque, gli adamantini elettori di Di Pietro, quelli pronti a gridare “galera, galera” al minimo sgarro possono stare tranquilli: “se ne parlerà in un esecutivo nazionale”. Quanto al loro amato partito, quello della giustizia e legalità sopra ogni cosa,  finora è stato acqua torbida, ma presto “tornerà pulita”.

Ma non è finita. Perché di Pietro ha una spiegazione per questo attacco alla moralità sua e del partito, per questa evocazione della questione legalità contro di lui che ne dovrebbe essere il portabandiera. “Mi attacca chi vorrebbe prendere il mio posto”. Il riferimento è ovviamente a Luigi De Magistris, in prima fila a chiedere pulizia nel partito dei puliti. Ma anche qui l’eco berlusconiana è lampante. Infondo anche il Cav. spiegava gli attacchi di Fini in nome della legalità come un pretesto per farlo fuori.  

Nemesi triste quella di Di Pietro:  trovarsi in difesa ad usare gli argomenti del suo acerrimo nemico. Manca solo che dica che i magistrati sono la principale minaccia del paese, e  lui D’Alema e Berlusca potranno fondare un nuovo partito.