“Dietro l’attacco di Feltri a Dino Boffo non c’è la mano di Berlusconi”
31 Agosto 2009
di redazione
Il senatore Gaetano Quagliariello, vicepresidente dei senatori del Popolo della libertà, mostra il piglio del professore, la sua precedente professione, e non accetta "lezioni", meno che mai "lezioni di laicità". Il giorno dopo averlo ricordato senza mezzi termini al presidente della Camera Gianfranco Fini, accetta l’intervista per argomentare la sua alzata di scudi in difesa della legge sul testamento biologico per la quale molto si è speso.
Senatore, il testamento biologico non le dà pace. È pronto alla difesa a oltranza della legge?
Il problema è che io so quanto quella legge sia costata in termini di fatica e so anche di come sia il frutto di conseguenze non volute da nessuno se non dell’interazione delle libere coscienze dei parlamentari.
La sintesi cui siete giunti nel Pdl viene rimessa in discussione dal risorgere della contrapposizione tra laici e cattolici…
Guardi che questo è un gioco a cui non mi piace giocare. Sembra sempre che su queste questioni vi siano da una parte i dettami della Chiesa e i suoi esecutori nella politica e dall’altra i fautori del laicismo. Non è così. E la prova è proprio il testo della legge sul testamento biologico, anche volendo non potrebbe essere così, perché lì quello che sembra sovrastruttura, le virgole, le sfumature, i commi… è invece la struttura stessa del problema. Basta confrontare il testo iniziale con il testo finale. È lì la prova del libero dibattito che nel corso dei mesi ha visto tante persone cambiare opinione. Un libero confronto che si è svolto anche con rappresentanti della Chiesa, che sono stati a volte molto critici e altre volte disponibili.
Come si spiega l’interventismo politico di una figura istituzionale come il presidente della Camera?
Me lo spiego con un libero convincimento che Gianfranco Fini ha maturato e che in quanto tale va rispettato, e che, lui ne è cosciente, rappresenta un’opinione minoritaria nel Pdl. Credendo di farci torto l’onorevole Ceccanti ha ricordato che i dissidenti in Senato, quando si votò sul testamento biologico, sono stati più nel Pdl che non nel Partito democratico. È vero. Ma chiedete loro con quanta attenzione si è rispettata la loro libertà di coscienza nel gruppo. E a Ceccanti va anche ricordato che quando si passò al voto segreto i voti, concedetemi, per le posizioni più “clericali” sono aumentati, ed erano voti del Partito democratico. Il voto segreto, che si sperava fosse l’arma con cui scardinare la posizione della maggioranza, non è stato più utilizzato. Io quindi non contesto a Fini il suo convincimento, che va rispettato; in un grande partito popolare e democratico non si può procedere con l’unanimità, e non è giusto che la minoranza si adegui, come altrove chiede Bersani…
Allora niente imposizioni ecclesiastiche?
Io ritengo doveroso sottolineare e ripetere che la posizione della maggioranza del Pdl si è formata laicamente attraverso un confronto continuo, il dialogo, abbiamo fatto decine di incontri e non è stata dettata dall’esterno, meno che mai da ambienti clericali. Quanto a chi ci accusa di coartare la libertà del presidente della Camera ribadisco che mi sembra ovvio il diritto che una figura istituzionale abbia ed esprima opinioni proprie, ricordo però che quando altri lo fecero, quando ad esempio l’allora presidente del Senato Marcello Pera parlò dell’importanza per la politica di tener presente il patrimonio culturale e il ruolo della religione nella vita pubblica, venne triturato dalle dichiarazioni delle opposizioni che parlarono di mancanza di sobrietà istituzionale quando non di comportamento anti-istituzionale. Oggi la nuova situazione che si è creata giustifica comportamenti meno neutri rispetto al passato e io ritengo legittimo l’auspicio di Fini. Credo che sia forse eccessivo, dal punto di vista istituzionale, che pensi di fare «tutto il possibile» per cambiare la legge consegnata alla Camera dal Senato, tranne che sia cosciente, mentre lo dice, che "tutto il possibile" sia molto poco.
Come valuta l’ipotesi di cancellare tutto e tornare al decreto approvato in Consiglio dei ministri nei giorni del caso Englaro, che avrebbe come unico articolo il divieto di sospensione dell’alimentazione e dell’idratazione?
È un’ipotesi avanzata dal ministro del Welfare Sacconi al Meeting di Rimini, non discussa, per ora, con i capigruppo del Pdl. È una proposta che ci consente di ricordare che quella decisione fu approvata all’unanimità da tutto il Consiglio dei ministri e che impegna quindi tutto il Governo. Ma io ritengo che, come allora ci convincemmo che bisognava andare oltre, dobbiamo insistere su questa disponibilità. Retrocedere a quel punto lo vedrei come una sconfitta, come buttare via una lavoro positivo che si è svolto tra di noi. Questo non vuol dire che dico: prendere o lasciare, per me quella legge ha margini di miglioramento, se questa parola non viene confusa con il cedimento alle posizioni più laiciste. Tornare indietro sarebbe una sconfitta culturale, e una sconfitta della laicità con la quale si è giunti a un risultato che non va gettato alle ortiche.
La sua maggioranza è scossa da polemiche con la Chiesa o comunque con il mondo cattolico. Ieri l’ultima bordata, dopo quelle della Lega sull’immigrazione, con l’accusa di Feltri a Dino Boffo, il direttore del giornale dei vescovi italiani.
Niente dietrologie. Quel titolo è il prodotto di una vicenda tutta quanta giornalistica, conseguenza involontaria di un clima per cui i giornali – anche per vendere più copie – hanno ritenuto legittimo leggere la vita politica attraverso il buco della serratura. Nemmeno il Riformista, lasci che glielo dica con sincerità, ha dato il suo contributo positivo su questo. Il caso poi ci ha messo del suo, determinando la situazione attuale. Credo che un altro stile di giornalismo vada recuperato con calma. Se poi qualcuno sospetta che dietro ci sia Berlusconi, vuol dire che non lo conosce né sarebbe credibile un’azione così masochistica. Il direttore di Avvenire ha tutta la mia solidarietà. Il principio garantistico o vale sempre o non vale mai, e il centrodestra deve imparare a dare battaglia per la nobiltà della politica distaccando la contesa dalle battaglie sulla vita privata, che questo riguardi militanti delle proprie file o delle file avversarie. Sulle intercettazioni difendemmo D’Alema e Latorre, mentre sulle intercettazioni venivamo pesantemente svillaneggiati. Sul terreno che fa cronaca oggi dobbiamo esprimere la stessa maturità. Non militarizziamo la stampa, non è il braccio armati dei partiti.
Come giudica i malumori estivi della Lega?
C’è un modificarsi delle categorie fondamentali che modifica anche l’agenda politica del XXI secolo. Partiti e istituzioni fanno fatica a orientarsi. Le contraddizioni della Lega risentono di questa situazione nuova. Io non chiedo che la Lega rinunci alle proprie idee, chiedo che accetti di discuterle più laicamente. Sull’immigrazione la Chiesa deve ammettere che bisogna andare oltre le posizioni stereotipate, d’altra parte il Pdl non può fermarsi ad affrontare il problema in termini di sicurezza e legalità. Questo è un presupposto, qui la Lega ha ragione, ma poi c’è il problema dell’integrazione che va affrontato e sicurezza e legalità non bastano, bisogna andare oltre. C’è un interesse della Chiesa e del Pdl a un dialogo e a un dibattito su questo tema, che superi le posizioni stereotipate. I toni, più che gli argomenti, della Lega non lo favoriscono. Bisogna abbattere steccati in nome di un più alto concetto di laicità, non bisogna superare il Concordato, semmai una cultura concordataria che divide rigidamente i campi di competenza.
© Il Riformista