E’ ora di trasformare il Mezzogiorno in una grande “no tax region”

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E’ ora di trasformare il Mezzogiorno in una grande “no tax region”

24 Settembre 2009

 

Giulio Tremonti non perde occasione per ribadire come il Sud rappresenti la “questione delle questioni” per il nostro Paese e che – come la volti e come la giri, si dice a Napoli – se vuoi affrontare le storture dell’Italia devi partire da lì.

E’ vero che le riforme necessarie all’economia italiana non sono alternative tra loro, e un super-piano berlusconiano per il Sud non vieterebbe – ad esempio – di liberalizzare le professioni o di alzare l’età pensionabile. Eppure, se si pensa all’importanza relativa dei problemi, e se li si guarda nel concreto della vita italiana, non c’e’ dubbio che il Meridione pesa di più, sul dissesto italiano, di qualsiasi altra cosa. Ma al Sud serve un "piano decennale", quale quello cui si sta lavorando in ambienti governativi.

E’ oggi abbastanza diffusa, anche da Roma in giù, la consapevolezza del fallimento di sessant’anni di assistenzialismo e programmi vetero-keynesiani. Le politiche per il Sud poste in essere a partire dalla Seconda Guerra Mondiale in poi hanno finito per frenare, anziché promuovere, la convergenza economica tra aree del paese, determinando alcuni "incidenti" (ad essere eleganti e generosi) di cui oggi vediamo con ogni evidenza gli effetti: clientelismo, sfilacciamento del tessuto imprenditoriale, risorse a pioggia troppo e troppo spesso intermediate dalla politica e dalla burocrazia, che ne hanno fatto un terreno di consolidamento del loro potere. Eppure non sempre si riesce a tradurre questa convinzione in proposte di policy: la retorica meridionalista del “Sud da aiutare” è molto forte e probabilmente ancora efficace nei confronti di ampi settori dell’opinione pubblica, come si può notare sia nel dibattito sul federalismo fiscale (con i rappresentanti meridionali che chiedono essenzialmente “perequazione”, cioè l’annacquamento del federalismo) che in quello più generale sulla politica economica del paese.

L’incontro napoletano che i gruppi parlamentari del Pdl terranno lunedì prossimo, e che dovrebbe portare all’elaborazione di alcune linee guida per il Mezzogiorno, può essere allora un’utile occasione, per il partito di maggioranza e per il Governo, per sviluppare un approccio alla questione meridionale che finalmente abbandoni le idee fallimentari del passato. Al Sud non servono Banche del Sud, Casse del Mezzogiorno, baracconi di varia risma, opere pubbliche faraoniche o eserciti di nuovi impiegati pubblici: ciò che serve sono pochi interventi di liberalizzazione del tessuto economico sociale, ovvero di disintermediazione politica del Meridione.

Da questo punto di vista, una misura efficace, non esaustiva ma focale, potrebbe essere la proposta di trasformazione dell’intero Mezzogiorno in una grande No Tax region, una zona franca per i redditi d’impresa accompagnata dalla contemporanea riduzione dei sussidi pubblici e degli interventi di politica industriale in favore dell’economia meridionale.  Una decisa riduzione dell’intermediazione politico-burocratica in favore di una misura trasparente ed impersonale. Non è un’idea nuova e nemmeno particolarmente innovativa, ma sulla quale è venuto a crearsi negli ultimi mesi un consenso significativo e trasversale, segno che la misura è percepita da molti, più che come un provvedimento di politica fiscale, come il grimaldello per un autentico cambio di paradigma. Certo, qualora vi fosse la volontà politica, non mancherebbe materiale di discussione per quanto attiene dettagli tecnici e coperture (non eccessive comunque, il gettito Ires al Sud è inferiore al gettito del bollo-auto a livello nazionale). L’Istituto Bruno Leoni, si parva licet, predisporrà nelle prossime settimane la bozza di un disegno di legge delega, che verrà sottoposto all’attenzione dei tanti esponenti politici che hanno mostrato di voler supportare la No Tax Region e che potrà essere la base per una discussione di merito.

Ma gli esponenti del Pdl che s’incontreranno lunedì a Napoli, sappiano di avere un’occasione unica: quella di far propria la proposta e usarla per “sfidare” sul terreno dell’innovazione politica i loro colleghi della Lega e del Pd. Il progetto, a ben guardare, è molto berlusconian-tremontiano: chi investe al Sud, non ha una lira dallo Stato, ma non paga tasse sugli utili.