Ecco l’identikit dei vandali in azione contro Ncd a Bologna
12 Dicembre 2014
di redazione
Li conosciamo bene i collettivi antagonisti e i centri sociali che si sono scatenati fra Torino, Milano, Bologna, Roma, tredici feriti tra le forze dell’ordine, occupazioni, bombe carta e gesti vandalici come quello contro la sede bolognese del Nuovo Centrodestra.
Nel dna degli incappucciati locali, Hobo, Labas, Tpo, come li fotografa l’agenzia Dire in Via Santo Stefano, c’è il virus post-settantottino dell’intimidazione violenta: sono gli stessi dell’aggressione a Matteo Salvini, delle vili prevaricazioni contro le Sentinelle in Piedi, della guerriglia urbana durante il discorso del governatore di BankItalia Fazio (19 feriti tra gli agenti), delle occupazioni alla Curia e delle proteste contro Farinetti, gli stessi delle aule universitarie sottratte con la forza alla regolare vita accademica e delle minacce ai professori che si oppongono.
Sono i professionisti del casino organizzato che le telecamere di certe trasmissioni complici dipingono come bravi ragazzi democratici. Violenza e lesioni a pubblico ufficiale, violenza privata, danneggiamento, porto di oggetti atti ad offendere, se diamo ascolto al linguaggio un attimo più crudo e reale degli investigatori. Tremilacinquecento denunce in sei anni, ricorda la Stampa parlando dell’area antagonista bolognese. La ribellione romantica degli "hobo" alla Jack London si è ridotta alla marginalità coatta e alla violenza repressa dei raver e dei punkabbestia, che certa borghesia progressista sembra tollerare se non perdonare con la scusa della precarietà e della disoccupazione giovanile.
Dopo ciò che è accaduto oggi a Bologna contro Ncd ci si aspetta almeno delle scuse dai sindacati, Cgil e Uil, che hanno certo il diritto di manifestare ma devono prendere con fermezza le distanze da chi urla e imbratta, prima che costoro alzino il livello dello scontro. Come pure ci si aspetta che venga espressa solidarietà alle forze dell’ordine. In ogni caso non ci facciamo intimidire: non abbiamo paura della furia ideologica di chi usa il Jobs Act per alimentare l’eversione in piazza. Andiamo avanti nella riforma, per conto di tutti gli under 30 che la mattina invece di lanciare letame si alzano, si rimboccano le maniche e vanno a lavorare.