Fa piacere sapere come la pensano sul fine vita al Tar Lazio
18 Settembre 2009
di redazione
Ci risiamo. Una sentenza di tribunale emessa con un tempismo apparentemente perfetto entra a pie’ pari nella materia legislativa alla vigilia del dibattito alla Camera della legge sul testamento biologico. E fa male, anche se molto meno male di quanto fosse nelle intenzioni dei giudici-legislatori.
I fatti. Ieri il Tar del Lazio ha respinto, dichiarandolo inammissibile per difetto di giurisdizione, il ricorso del “Movimento difesa del cittadino” contro le disposizioni date dal ministro Sacconi all’epoca del caso Englaro che vietavano la sospensione di alimentazione e idratazione in strutture sanitarie pubbliche e private. Nonostante l’inammissibilità, però, i giudici amministrativi sono entrati nel merito della materia affermando:
“I pazienti in stato vegetativo permanente che non sono in grado di esprimere la propria volontà sulle cure loro praticate o da praticare e non devono in ogni caso essere discriminati rispetto agli altri pazienti in grado di esprimere il proprio consenso, possono, nel caso in cui loro la volontà sia stata ricostruita, evitare la pratica di determinate cure mediche nei loro confronti". E ancora: il paziente “vanta una pretesa costituzionalmente qualificata di essere curato nei termini in cui egli stesso desideri, spettando solo a lui decidere a quale terapia sottoporsi”.
Ovviamente dell’inammissibilità del ricorso contro Sacconi non è interessato a nessuno. Anzi, i soloni della libertà di scelta – con la grancassa mediatica che ne consegue – non vedevano l’ora di salutare come una vittoria piena e incontrovertibile l’ennesimo atto d’indirizzo dei giudici al parlamento. Eppure, a legger bene la sentenza, è chiarissimo come non esiste alcun effetto giuridico per le dichiarazioni del giudice contenute nella sentenza nella quale il Tar si dichiara incompetente e che la disposizione del ministro Sacconi resta valida.
Anzi, se il tribunale amministrativo ha dichiarato il ricorso inammissibile, ammettendo di non avere la competenza per esprimersi sull’argomento, il suo parere non ha alcun effetto giuridico, né su altri tribunali né sull’iter parlamentare del disegno di legge sul testamento biologico.
Fa piacere che oramai tutti, nell’esercizio più disparato delle proprie funzioni, non vedano l’ora di dire la propria sull’idratazione e l’alimentazione dei pazienti in stato vegetativo, purché queste idee rimangano nella categoria delle “opinioni personali” che valgono, per giudici, medici, giornalisti e cabarettisti, come quelle di qualunque altro cittadino.
Da parte nostra, che da liberali talvolta vacillavamo, nella convinzione che in materie così personali non possa né debba entrare in alcun modo la politica, torniamo a rinsaldarci nelle nostre posizioni, chiedendo al più presto una buona legge sul fine vita. Salvo poi porci un’altra definitiva domanda: se la camera dovesse approvare – più o meno – la legge passata al senato, i giudici faranno arrestare tutti quelli che l’hanno votata, condannandoli a morire di fame e di sete?