Fiat. Appello di Napolitano: “Superare il grave episodio in attesa dei giudici”

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Fiat. Appello di Napolitano: “Superare il grave episodio in attesa dei giudici”

24 Agosto 2010

Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, scende in campo nella vicenda dello stabilimento Fiat di Melfi. Chiamato in causa con una lettera direttamente dai tre operai reintegrati dal giudice, ma non ammessi al posto di lavoro dall’azienda, il Capo dello Stato usa parole chiare: "Il mio vivissimo auspicio – che spero sia ascoltato anche dalla dirigenza della Fiat – è che questo grave episodio possa essere superato, nell’attesa di una conclusiva definizione del conflitto in sede giudiziaria, e in modo da creare le condizioni per un confronto pacato e serio su questioni di grande rilievo come quelle del futuro dell’attività della maggiore azienda manufatturiera italiana e dell’evoluzione delle relazioni industriali nel contesto di una aspra competizione sul mercato globale".

Oggi, intanto, a Melfi è il ‘giorno delle ‘carte bollatè. I tre operai, Giovanni Barozzino, Antonio Lamorte, Marco Pignatelli, sono tornati infatti davanti ai cancelli dello stabilimento Sata nell’area industriale di San Nicola di Melfi ma non hanno varcato i tornelli. La parola infatti ora passa ai giudici che dovranno esprimersi sull’esposto indirizzato dalla Fiom alla Procura di Potenza che, richiamando lo Statuto dei lavoratori e il codice penale, contesta la "inosservanza dei provvedimenti dell’Autorità alla richiesta di esecuzione della decisione del giudice del Lavoro con riferimento alla ripresa della specifica mansione ricoperta prima del licenziamento". Fino ad allora, e almeno fino al 6 ottobre, data dell’udienza del ricorso della Fiat contro il reintegro disposto dal magistrato, i tre operai non potranno fare altro che attendere gli sviluppi delle azioni legali.

Un’attesa pesante su cui oggi i tre lavoratori hanno voluto richiamare l’attenzione, come annunciato ieri, del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. "Signor Presidente, le chiediamo di farci sentire lavoratori, uomini e padri", si legge in una lettera inviata al Quirinale e ‘volantinata’ davanti alla fabbrica in cui si ripercorrono le tappe principali della vicenda, dall’accusa di boicottaggio al pronunciamento del giudice. "Ci rivolgiamo a Lei, Presidente, perché richiami i protagonisti di questa vicenda al rispetto delle leggi e perché nel suo ruolo di massima carica dello Stato sia da garanzia del rispetto della democrazia, della Costituzione e dello Stato di diritto in modo da ripristinare e garantire il libero esercizio dei diritti sindacali nonchè dei diritti costituzionalmente riconosciuti a tutti, all’interno dello stabilimento Fiat Sata di Melfi", concludono.

La risposta del Capo dello Stato è puntuale. Chiarito nel passaggio principale il suo pensiero, Napolitano aggiunge parole sentite a sostegno dei tre lavoratori, tenendo ferma la stella polare delle decisioni dell’Autorità giudiziaria: ad esse, sottolinea, "non posso che rimettermi anch’io, proprio per rispetto di quelle regole dello Stato di diritto a cui voi vi richiamate. Comprendo molto bene – sottolinea comunque ancora Napolitano – come consideriate lesivo della vostra dignità percepire la retribuzione senza lavorare".

Intanto il governo rompe il silenzio sulla vertenza e chiede a Fiat il rispetto della sentenza di reintegro al lavoro dei tre operai licenziati. A farlo però è il ministro delle Infrastrutture Altero Matteoli che da Rimini, al convegno di Cl, scandisce: "Credo che le sentenze vadano rispettate, anche quando non ci fanno piacere. Se il nostro Paese è uno stato di diritto non lo può essere a fasi alterne". Una presa di posizione che scatena i commenti dell’opposizione che puntano il dito contro il silenzio del ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, e leggono le dichiarazioni di Matteoli come una nuova prova che sul tema il governo proceda in ordine sparso.

"Il governo Berlusconi, oltre al ministro per lo Sviluppo Economico, ha perso anche il ministro del Lavoro?", si chiede Stefano Fassina, responsabile economico del Pd che accusa il ministro del Lavoro di "strumentalizzare la vicenda per portare avanti il programma di smantellamento dei diritti dei lavoratori". Cesare Damiano sottolinea come "mentre Sacconi si rifugia dietro un coraggioso ‘no comment’, il ministro dei Trasporti, Altero Matteoli, si pronuncia sul caso Fiat" certificando così "un’ulteriore diversità di opinioni nel governo che allarga il fronte di quanti ritengono che la Fiat debba fare un passo indietro". Dure anche le parole che arrivano dall’Idv: "La Fiat sta cercando un capro espiatorio", per spostare l’attenzione e il confronto su temi di natura gestionale pur di non affrontare i nodi veri della questione, dalla sua presenza in Italia ai debiti che pesano su Chrysler, aiutata in questo "da un governo che, con un ministro senza spina dorsale nè anticorpi democratici come Sacconi, non è nemmeno capace di affermare che una sentenza del giudice va rispettata", dice Antonio Di Pietro. E la Fiom ribadisce: "Con la sua azione la Fiat vuole sancire una cosa che credo sia grave. E cioè che nei suoi stabilimenti la legge, lo Statuto dei lavoratori, non si deve più applicare. Chiede quasi una extraterritorialità per i suoi stabilimenti", ammonisce il leader della Fiom, Maurizio Landini a commentare così, ospite della trasmissione "Nove in punto" su Radio 24, la decisione di Fiat di non ammettere sul posto di lavoro i tre operai reintegrati dal giudice. "La legge, se è uguale per tutti, deve valere dappertutto", conclude Landini.