Fred Thompson e i destini della destra americana

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Fred Thompson e i destini della destra americana

13 Settembre 2007

Contenti ma, ancora, non convinti.
L’intellighenzia conservatrice americana ha accolto con favore l’annuncio della
candidatura di Fred Thompson alla presidenza, lo scorso 6 settembre. Tuttavia, il
suo tardivo ingresso nella campagna elettorale viene ritenuto un grave errore,
che potrebbe costargli caro. Un giudizio, questo, condiviso da molti quotidiani
e riviste vicine al Grand Old Party.

In un articolo a firma di Stephen F. Hayes, il settimanale neocon “The Wheekly Standard” ricorda che già l’11 marzo scorso,
intervistato da Fox News Sunday,
l’attore ed ex senatore aveva affermato di prendere “in seria considerazione”
l’ipotesi di scendere in campo. Parole che avevano rinvigorito gli attivisti
repubblicani, tanto che Thompson, senza essersi neppure candidato, si piazzava
al secondo posto nei sondaggi sul gradimento degli elettori repubblicani. Da
allora sono passati mesi senza il passo decisivo. Poi, la settimana scorsa, il
passaggio del Rubicone più volte rimandato. Questo attendismo ha sicuramente
nuociuto all’immagine del protagonista di Law
and Order
. Per Hayes, infatti, con tale tatticismo, Thompson avrebbe perso
il suo asso nella manica: la capacità di presentarsi come uomo fuori dai giochi
di potere. Per quanto riguarda la proposta politica dell’ex senatore del
Tennessee, secondo il settimanale neoconservative,
il messaggio è chiaro: convincere la base repubblicana di essere l’unico vero
candidato conservatore, senza scheletri nell’armadio su temi sensibili come aborto,
tasse e immigrazione. Insomma, di non essere un Rino, (Republican in name
only
), ovvero un repubblicano nominale. Il riferimento critico, ovviamente,
è a Rudy Giuliani. Non a caso, John Podhoretz, sul New York Post del 7 settembre, ha scritto che il vero obiettivo di
Thompson è far “deragliare” l’ex sindaco di New York e strappargli la
nomination. Anche se forse “è troppo tardi”, ha commentato il Washington Times, il giorno dopo
l’annuncio della candidatura.

 

Per Amy Schatz del Wall Street Journal, Fred Thompson sta al partito Repubblicano come
Barack Obama sta al partito Democratico. Entrambi hanno centrato la propria
strategia sulle parole “speranza” e “cambiamento”. Con il suo slogan elettorale
– “Sicurezza, unità e prosperità” – l’ex senatore punta a raccogliere i voti
dei conservatori delusi dagli altri candidati del GOP. Schatz indica alcuni punti di forza di Thompson: innanzitutto,
(unico dei candidati repubblicani) viene dal sud degli States. Un fattore che potrebbe
pesare nelle primarie in South Carolina e Florida, dove si voterà già a gennaio
2008. L’attore può inoltre contare su consolidati legami con l’industria
cinematografica di Hollywood. Amicizie che gli potranno tornar utili nelle
primarie in California. Infine, Thompson riaccende il sogno mai sopito dei
Repubblicani di trovare un nuovo Ronald Reagan. Tre anche i punti deboli,
secondo il WSJ: la sua età piuttosto
avanzata (65 anni) anche se in confronto all’ultrasettantenne McCain sembra un
ragazzino; la sua salute, ha avuto un tumore da cui, comunque, sembra essersi
ripreso senza strascichi e, last but not
least
, la sua piattaforma politica piuttosto vaga  e affatto aiutata dagli anni passati in
Senato, di cui non si ricorda nulla di veramente significativo.

 

Numerosi articoli su Fred Thompson sono
usciti negli ultimi giorni sulla versione on line della rivista National Review. Il periodico
conservatore ha anche riproposto una lunghissima intervista al nuovo candidato,
realizzata il mese scorso da Byron York. Molti gli spunti per comprendere che
tipo di presidenza si avrebbe con Thompson allo Studio Ovale. Sull’Iraq, il
candidato repubblicano sostiene l’aumento delle truppe deciso da Bush a gennaio
(the surge) e ritiene un favore al
nemico mostrarsi divisi. Incalzato da York sulla spinosa questione iraniana,
l’ex senatore del Tennessee risponde che ogni opzione deve essere valutata,
compresa quella militare, anche se un embargo sarebbe preferibile. Sul fronte
economico, si impegna a mantenere i tagli alle tasse decisi dall’attuale
amministrazione e ad attuare la riforma della social security, laddove l’amministrazione Bush ha fallito. Sui temi etici, si propone nelle vesti
di conservatore doc: pro life e
contrario ai matrimoni gay. Dal canto suo, Rich Lowry, sempre su National Review, afferma che Thompson
dovrà faticare non poco per stare al passo di Rudy Giuliani e Mitt Romney,
entrambi dimostratisi ottimi fundraiser,
abili nei dibattiti e infaticabili nel fare campagna elettorale in giro per gli
Stati Uniti. E’ comprensibile, scrive Lowry, che Thompson, guardando i
lusinghieri dati dei sondaggi senza neanche essere in corsa, abbia concluso
“Perché no?”. Ora, però, deve rispondere a una domanda molto più impegnativa:
“Perché sì”.

 

A margine delle considerazioni politiche,
uno dei rilievi sul carattere che più spesso viene mosso a Thompson riguarda la
sua presunta pigrizia. Secondo alcuni, questa, più che ragioni di tattica,
avrebbe indotto il procuratore di Law and
Order
a procrastinare la data della candidatura alla Casa Bianca. Nulla di
più falso, secondo Zack Wamp, deputato del Tennessee e amico di Thompson. “Un
attore – ha detto Wamp al Wall Street
Journal
– sa bene quando deve entrare in scena”. Ma certo, gli altri
candidati non si lasciano sfuggire l’occasione per punzecchiarlo. Romney ha
dichiarato che poteva anche prendersela comoda e aspettare un altro po’ prima
di candidarsi. La più bella battuta al riguardo, però, è di John McCain.
Commentando l’assenza di Thompson a un dibattito tra i candidati repubblicani,
nel New Hampshire, il senatore dell’Arizona ha affermato sornione che, forse, l’ora
del confronto era troppo tardi per le abitudini di Thompson, già a letto a
dormire.