Gli amorosi sensi di Di Maio per la Cina: le domande senza risposta

LOCCIDENTALE_800x1600
LOCCIDENTALE_800x1600
Dona oggi

Fai una donazione!

Gli articoli dell’Occidentale sono liberi perché vogliamo che li leggano tante persone. Ma scriverli, verificarli e pubblicarli ha un costo. Se hai a cuore un’informazione approfondita e accurata puoi darci una mano facendo una libera donazione da sostenitore online. Più saranno le donazioni verso l’Occidentale, più reportage e commenti potremo pubblicare.

Gli amorosi sensi di Di Maio per la Cina: le domande senza risposta

Gli amorosi sensi di Di Maio per la Cina: le domande senza risposta

06 Maggio 2020

Non si preoccupi il nostro Ministro degli Esteri. Non si tratta di una interrogazione alla cattedra. Non gli chiederemo neppure di quale provincia cinese fa parte la Basilicata… Ma con lui – è bene ammetterlo – abbiamo un problema. Quando parla della Cina s’illumina d’immenso. Quando parla degli “aiuti” ricevuti dall’Impero del Dragone sembra un tele-banditore. E più di un indizio fa pensare che questa sua esasperata simpatia non sia solo la cortesia comunque dovuta a chi ti aiuta in un momento difficile (anche se è stato lo stesso che ti ha inguaiato). E’ qualcosa di più: è un’opzione strategica che potrebbe segnare in profondità la nostra politica estera al termine di questa crisi.

La conferma dei peggiori sospetti è arrivata dall’intervista rilasciata oggi dall’inquilino della Farnesina al Corriere della Sera: al netto delle banalità di prammatica sulla collocazione atlantica del nostro Paese, sui punti più scottanti – le possibili responsabilità cinesi per azione od omissione, la domanda di chiarezza, l’ipotesi di rivalersi, l’ingenuità (o peggio) di scambiare per “aiuti” una operazione di marketing compiuta a caro prezzo sulla nostra pelle, le esternazioni di Giggino sono sembrate un segnale di fumo all’indirizzo di Pechino assai più che un messaggio d’amicizia nei confronti di via Veneto, dove immaginiamo (purtroppo) che abbiano preso debitamente nota.

A noi tutto questo non sta bene. Sulla Cina abbiamo un giudizio e abbiamo anche un pregiudizio, perché consideriamo il regime cinese una sintesi del peggio del comunismo e del peggio del capitalismo. Ritenendo fondati tanto il giudizio quanto il pregiudizio, crocianamente non intendiamo rinunziare né all’uno né all’altro. Sappiamo bene che la politica estera è fatta di nuances ma abbiamo deciso per una volta di rinunciarvi per mettere il nostro Ministro degli Esteri di fronte a fatti crudi ed essenziali. Per ulteriore chiarezza espositiva, li abbiamo ordinati nella forma di una interrogazione parlamentare: un’interrogazione che mai avrà accesso nell’aula né della Camera né del Senato, dove i dibattiti si spera possano svilupparsi con toni e argomenti più rotondi. Ma, di fronte al  sorriso a trentadue denti di Di Maio, qualche spigolo non ci sta male. Noi, comunque, attendiamo fiduciosi delle risposte…

 

Al Presidente del Consiglio del Ministri e al Ministro per gli Affari Esteri e la Cooperazione Internazionale

Per sapere

Premesso che:

Gli Stati Uniti d’America, nelle persone del presidente Donald Trump e ancor più del segretario di Stato Mike Pompeo, riferendo tra l’altro di risultanze di intelligenze, hanno asserito che vi sarebbero numerose prove circa la provenienza del virus Covid-19 dal laboratorio di Wuhan, e che la Cina avrebbe fatto di tutto per tenere il mondo all’oscuro di ciò che stava accadendo;

Che la Francia, al tempo della presidenza di Jacques Chirac, aveva avviato una collaborazione con la Cina di Ho Jintao proprio per la realizzazione di un laboratorio P4 per lo studio di virus altamente patogeni, ma non appena il laboratorio è stato completato i francesi sono stati estromessi da qualsiasi possibilità di partecipazione e di controllo, come invece era stato stabilito dagli accordi;

Rilevato che:

Quando interviene una crisi, quale quella attuale, il mondo che riemerge alla sua conclusione non è mai quello che si conosceva prima;

“Le crisi”, secondo Alessandro Colombo nel suo scritto Tempi decisivi, “sono fasi di distorsione del tipo e dell’intensità dell’interazione tra avversari, durante le quali i soggetti coinvolti percepiscono una minaccia ai propri valori fondamentali, sono consapevoli di dover rispondere in un tempo limitato e sanno che il proprio destino dipende dalle scelte che vengono compiute in questo momento”;

Il cambio radicale del nostro sistema di vita e di lavoro dopo l’esplosione dell’epidemia da Covid-19 sarà accompagnato da una variazione sostanziale dei rapporti di forza nello scacchiere geopolitico e la Cina, che è stata al centro dello scenario di emergenza sanitaria internazionale, potrebbe divenire protagonista indiscussa del nuovo equilibro geopolitico mondiale che si profilerà al termine della pandemia;

Preso atto che:

La famigerata Sars – la sindrome respiratoria acuta “severa” di origine virale causata dal virus SARS-CoV, stretto parente del coronavirus odierno – è apparsa per la prima volta nel novembre 2002 nella provincia del Guangdong (zona di Canton) in Cina. L’epidemia conseguente durò fino al luglio 2003, provocando, secondo le stime ufficiali, più di 8 mila casi e circa 800 decessi in 17 paesi, quasi esclusivamente asiatici;

Come ricordano sul Washington Post il biologo Jared Diamond e il virologo Nathan Wolfe, il salto di specie verso l’uomo (zoonosi è il termine tecnico), allora come forse oggi, si realizzò nei mercati cinesi dove gli animali selvatici, vivi o morti, sono venduti a scopi alimentari e di altro genere. Il virus della Sars ebbe origine da questi animali selvatici (civette, zibetti, procioni, ecc.) che avevano contratto il virus dai pipistrelli;

A distanza di sedici anni, con genesi e modalità di diffusione ancora da chiarire, l’odierno coronavirus ha determinato una pandemia che colpisce tutto il mondo e che ha ormai le caratteristiche di un vero e proprio disastro su scala globale;

Il giornalista Marc A. Thiessen del Washington Post ha chiaramente affermato che “Oggi siamo nel mezzo di un lockdown da pandemia perché il regime comunista cinese si preoccupava più di sopprimere le informazioni che di sopprimere il virus. I medici di Wuhan sapevano a dicembre che il coronavirus era in grado di trasmettere da uomo a uomo perché gli operatori sanitari si stavano ammalando, ma fino al 15 gennaio, il capo del Centro cinese per il controllo e la prevenzione delle malattie dichiarava alla televisione di stato che “il rischio di trasmissione da uomo a uomo era basso.” Il governo cinese decretò la quarantena a Wuhan solo il 23 gennaio, mentre “se il regime avesse preso provvedimenti non appena fosse stata rilevata la trasmissione da uomo a uomo – accusa Thiessen – avrebbe potuto contenere il virus e prevenire una pandemia globale. Invece, i funzionari hanno soppresso le informazioni che avrebbero potuto salvare delle vite”;

Per molti giorni la Cina ha trasmesso tramite i media i festeggiamenti per la fine dei contagi a Wuhan. Tuttavia, le fonti non ufficiali hanno continuato contestualmente a trasmettere notizie diverse che, a dispetto della narrazione di un ritorno alla normalità – ben presente nei media statali e nelle dichiarazioni dei vertici del partito – avrebbero registrato la presenza di nuovi casi come «casi di ritorno», cioè dovuti al ritorno di cittadini cinesi dall’estero, e che smentirebbero il mainstream secondo il quale il modello Wuhan avrebbe ridotto a zero il rischio dei contagi;

Secondo la gran parte della stampa internazionale e della comunità scientifica, la Cina sarebbe inaffidabile rispetto ai dati relativi al numero di contagiati e di decessi provocati dal virus. Questa discrasia tra numeri dichiarati e numeri reali sembrerebbe confermata anche dalle decine di migliaia di urne funerarie distribuite nella sola Wuhan e dalle file interminabili per ritirare le ceneri dei propri cari davanti agli uffici dei Funeral Parlour mostrate da Asianews;

Steven Jiang della CNN ha messo pubblicamente in guardia la comunità internazionale sul fatto che “Alcuni social media cinesi, e persino il governo del paese, sembrano aver lanciato una campagna concertata per mettere in discussione l’origine del nuovo coronavirus” attribuendola talvolta agli Stati Uniti, tramite truppe militari di istanza nel Paese asiatico, talvolta ad altre nazioni tra cui l’Italia;

Considerato inoltre che:

Non appena i dati ufficiali provenienti da Pechino facevano segnare – secondo le fonti ufficiali – una flessione nella velocità e nell’aggressività in cui il virus colpiva il gigante asiatico, lo stesso ha messo in campo un’ingente strategia diplomatica ad apparente supporto dell’Occidente – in particolare dell’Italia e dell’Europa -, utilizzando strumenti di soft power non convenzionali;

L’invio all’Italia da parte della Cina di forniture e personale medico e le proposte di collaborazione tecnologico-sanitaria non sembrano essere stati solo il prodotto della solidarietà di fronte alla pandemia di coronavirus, bensì una strategia che dovrebbe portare la Repubblica Popolare al raggiungimento di obiettivi collaterali;

Il primo parrebbe essere stato quello di allontanare rapidamente l’immagine di epicentro della pandemia che sta colpendo il pianeta, sia paventando l’ipotesi di non essere la culla del virus, sia offrendo il proprio aiuto ai paesi stranieri: tra questi, oltre all’Italia, figurano anche Belgio, Spagna, Etiopia, Namibia e Filippine;

Il secondo obiettivo sarebbe stato quello di rianimare i rapporti con Roma (unico Paese G7 e storico alleato americano ad aver firmato) a un anno dalla sua adesione alla Belt and Road Initiative, facendone virare la realizzazione proprio attraverso la salute e il progresso tecnologico-sanitario;

Jack Ma, fondatore di Alibaba, ha donato all’Europa 100 mila tamponi e 1,8 milioni di mascherine, delle quali 500 mila sono state assegnate all’Italia;

Le donazioni e il personale medico inviati dalla Croce Rossa cinese hanno avuto l’impatto mediatico più forte, anche per il fatto che si è trattato della terza squadra inviata dalla Cina verso un paese estero (i primi sono stati Iran e Iraq), hanno con sé portato 30 tonnellate di materiale tra ventilatori, respiratori, elettrocardiografi, mascherine e altri dispositivi sanitari;

I giganti economici cinesi non si sarebbero però limitati alla ingente fornitura di dispositivi medici: Huawei si sarebbe offerta di sviluppare una rete cloud per connettere alcune strutture ospedaliere con le unità di crisi in tempo reale e di collegare i più importanti centri italiani con gli ospedali di Wuhan. Il miglioramento della connessione digitale tra le strutture sanitarie italiane contribuirebbe senz’altro alla loro efficienza, ma il suo affidamento a Huawei potrebbe generare delle serie incognite per la tutela delle infrastrutture critiche in questione, oltre che per la gestione dei dati che esse conservano sullo stato di salute della popolazione;

Contemporaneamente occorre non dimenticare l’impegno del gigante asiatico nel settore del 5G su tutto il suolo italiano che vede in prima linea Huawei e Zte, oltre che il forte interesse cinese sui porti italiani, con la firma di un accordo strategico con il porto di Venezia, con la creazione nel porto di Ravenna dell’hub europeo di China Merchants Group e con il forte interesse manifestato verso quelli di Genova e Trieste;

Preso atto che:

L’emergenza del Covid-19 si sta rivelando il teatro virtuale di uno scontro geopolitico senza precedenti; La narrazione della condivisa lotta contro il coronavirus potrebbe diventare la base su cui promuovere la sintonia sino-italiana il prossimo autunno, in occasione del cinquantesimo anniversario dell’apertura dei rapporti diplomatici tra Italia e Repubblica Popolare;

Considerato infine che:

Il nostro Paese sembra essersi trasformato in un palcoscenico dove mettere in scena azioni di soft power da parte di potenze con cui coltiviamo importanti relazioni commerciali, ma che quando la crisi dell’ordine internazionale raggiungerà il suo culmine potrebbero essere – come lo sono stati fino ad oggi – a tutti gli effetti dei nostri rivali strategici;

Il popolo italiano, oltre che lo Stato Italiano quale soggetto istituzionale, sono storicamente e convintamente legati al vincolo occidentale e transatlantico, parte attiva del Patto Atlantico e continuano ad essere fermi sostenitori e fautori delle forme di stato e governo democratiche, oltre che delle regole liberali in ambito economico;

Si chiede di sapere:

Se siano consapevoli di quanto stia accadendo e delle conseguenze politiche che questa fase di emergenza potrebbe avere;

Quale sia la strategia di posizionamento del nostro Paese all’interno dello scacchiere geopolitico internazionale;

Se non ritengano necessario riferire con cadenza mensile al Parlamento, al fine di aggiornarlo sul lavoro diplomatico in corso riguardo l’emergenza del Covid 19 e sugli eventuali aggiornamenti rispetto alla strategia di politica estera e geopolitica messa in atto, oltre che agli obiettivi che essi si pongono di raggiungere nel breve e medio termine.