Google. Cina blocca accesso a ricerche su Dalai Lama, reazione Amnesty
24 Marzo 2010
di redazione
Le autorità di Pechino hanno bloccato tutte le ricerche di Google collegate a temi sensibili come i dissidenti e il Dalai Lama, il leader tibetano in esilio. Le ricerche in cinese su Google.hk, il server di Hong Kong dove la società di Mountain View ha trasferito le operazioni per sfuggire alla censura, rimangono inesorabilmente bloccate se si scrive la parola ‘Dalai’, se si cercano notizie su dissidenti come Liu Xiaobo e sulla setta religiosa Falun Gong o si vuole consultare il sito di Amnesty International. Inaccessibili anche tutti i siti che riportano la famosa foto dello studente che ferma un tank a piazza Tienanmen.
Intanto gli Stati Uniti hanno affermato di non aver svolto nessun ruolo nel trasferimento a Hong Kong dei server in cinese di Google, ma hanno avertito Pechino a valutare seriamente il suo significato. "È stata una decisione presa da Google"- ha affermato il portavoce del dipartimento di Stato P.J.Crowley- "ma Pechino dovrebbe seriamente considerare le implicazioni se una delle istituzioni più riconoscibili del mondo decide che è troppo difficile fare affari in Cina". Ricordando che Washington sostiene la libertà su Internet, Crowley ha sottolineato che "le singole società giudicheranno sull’opportunità d’investire in Cina".
Un centinaio di attivisti per i diritti umani hanno intanto manifestato il loro sostegno per Google davanti alla sede di Pechino dell’azienda di informatica americana che ha deciso di chiudere il proprio sito in cinese in segno di protesta contro la censura. Gli attivisti hanno lasciato sulla porta degli uffici della compagnia messaggi che dicono "viva la libertà!" o "Google per sempre". Uno di loro, l’avvocato democratico Teng Biao, ha dichiarato che la compagnia americana "ha messo la libertà di espressione davanti agli affari, e io spero che questo incoraggi sempre più gente a prestare attenzione alla situazione dei diritti umani in Cina".
I giornali cinesi in lingua inglese continuano ad esprimere giudizi fortemente critici, mentre quelli in cinese si limitano a riportare le dichiarazioni dei portavoce ufficiali. In un editoriale comparso sulla sua edizione internazionale il Quotidiano del Popolo, organo del Partito Comunista Cinese, ha sostenuto che Google "non è certo una verginella per quanto riguarda i valori" e ha aggiunto che "sono ben noti i suoi legami con i servizi di sicurezza americani". Gli utenti di Internet continuano ad aver risultati altalenanti nell’uso dei siti web di Google, che a volte risultano irraggiungibili. Da oggi il portale di Internet Tom.com, di proprietà di Li Ka Shing, un imprenditore di Hong Kong che vanta buone relazioni con il governo di Pechino, ha tolto Google dai siti che propone ai suoi clienti, in quella che potrebbe essere un’anticipazione delle difficoltà che l’azienda americana affronterà in futuro sul mercato cinese.
"Adesso la Cina rimuova ogni restrizione su Internet". È l’appello lanciato da Amnesty International alla luce della decisione di Google di reindirizzare tutto il proprio traffico sui server di Hong Kong, cessando in questo modo di filtrare i risultati delle ricerche. "Riconoscendo che la sua politica aziendale era incompatibile con l’autocensura richiesta per operare all’interno della Cina, Google ha sfidato le autorità di Pechino a rispettare il principio della libertà d’espressione sancito dalla Costituzione cinese" – ha dichiarato Roseann Rife, vicedirettrice del Programma Asia di Amnesty International. Gli utenti che criticano la decisione di Google sostengono che questo motore di ricerca fosse uno dei meno sottoposti a restrizioni, sottolinea Amnesty in un comunicato diffuso oggi. "Gli utenti che avevano sperato che Google non lasciasse la Cina e che criticano questa decisione, dovrebbero in realtà chiedere al loro governo come e perchè Internet è censurato nel loro paese» – ha commentato Rife. Anche il sito di Amnesty International, www.amnesty.org, è bloccato. L’unico periodo in cui è stato accessibile è stato il secondo semestre del 2008.