Governo. Berlusconi: “Rigore senza petemi, il Paese è in buone mani”
08 Gennaio 2011
di redazione
Pur confermando che la strada maestra per uscire dalla crisi e agguantare la crescita è quella del rigore, Silvio Berlusconi risponde al monito lanciato da Giulio Tremonti sul perdurare della crisi con il consueto ottimismo, sottolineando che l’Italia ha fatto più e meglio di altri.
Un modo per disinnescare l’allarme del ministro dell’Economia, rimarcando che il governo non intende sacrificare la ripresa sull’altare dei conti pubblici, ma anche per evitare polemiche con il titolare di via XX Settembre. «Gli italiani – afferma il presidente del Consiglio in collegamento telefonico da Arcore con una manifestazione dell’Alleanza di Centro di Francesco Pionati a Padova – sono in buone mani e possono guardare con sicurezza, ottimismo e senza patemi d’animo al futuro». Parole che stridono con i «mostri» evocati dal titolare di via XX settembre. Una distanza che nel prosieguo del suo intervento emerge con ancora maggiore evidenza.
Il premier, nel dirsi «sereno, fiducioso ed ottimista» rivendica i meriti del governo. Non nega ci siano ancora dei rischi: «Certamente ho il dovere di dire la crisi c’è stata, c’è e farà ancora sentire i suoi effetti nel 2011, ma ho l’orgoglio di affermare che il nostro governo ha fatto il meglio possibile nella peggiore contingenza possibile». Il suo ottimismo, sottolinea con quella che appare una stoccata, «è basato su dati reali, non su opinioni». Snocciola alcuni dati a cominciare dal fabbisogno annuo che si è «attestato a 77,5 miliardi di euro», 20 miliardi in meno rispetto al 2009. Solo la Germania, rimarca, ha fatto meglio. Poi però, forse per non discostarsi troppo da Tremonti – pur non citato nell’intervento – difende la linea del governo: «Io sono convinto che dobbiamo andare avanti sulla strada del rigore e della responsabilità, nella consapevolezza che altrimenti non è possibile creare le condizioni per rafforzare la crescita».
Non manca una risposta alle critiche del Pd ed in particolare del segretario, Pier Luigi Bersani, secondo il quale il centrodestra ormai è «senza prospettive». Secca la risposta del Cavaliere: «A sinistra non vedo progetti, non vedo idee e non vedo leader, ma solo grande debolezza e confusione e quindi non vedo perchè dovrei temere qualcosa». A suo dire, al contrario, la maggioranza è solida e presto potrà allargarsi con l’arrivo di nuovi deputati delusi: la coalizione, assicura, «è forte di un consenso popolare mai venuto meno, di un alleato affidabile come la Lega e di un nuovo gruppo di responsabilità nazionale che si sta formando». Gruppo che, aggiunge forse per allettare gli indecisi , «costituirà la terza gamba della maggioranza». Non manca una strizzatina d’occhio all’Udc: a suo dire, infatti, è necessario «riunire tutte le forze che si riconoscono nel Ppe» e che credono nel «primato della persona». Un modo per mettere un ‘cuneo’ nel nascente Terzo Polo. Tanto che a stretto giro di posta, arriva la replica di Italo Bocchino. «I rapporti con l’Udc sono straordinariamente buoni», sottolinea il capogruppo finiano a Montecitorio che attacca: «Berlusconi non può fare appelli ai moderati perchè la coalizione trainata dalla Lega è una coalizione estremista».
In effetti il Carroccio scalpita: «In assenza di riforme non resta che il voto», ammonisce Roberto Calderoli, che di fronte alle richieste di Fli è Udc di modificare i decreti attuativi del federalismo, replica con un’alzata di spalle: «Il quoziente familiare» tanto caro all’Udc «c’è già», mentre le risposte ai dubbi sull’abolizione dell’Ici e sulla cedolare secca (sollevati dal ‘futuristà Mario Baldassarri) sono già nei testi. Ma i finiani tengono alta la tensione: «Siamo favorevoli al federalismo, ma ovviamente bisogna vedere i dettagli», ammonisce Bocchino. Da registrare infine la previsione di Franco Frattini sul futuro del Pdl: «Credo che dopo Berlusconi non ci sarà un altro Berlusconi, ma un gruppo ristretto e coeso che continuerà a guidare il governo e il partito».