Governo. Marchionne: “Violenza vergognosa, aperti i cancelli dello zoo”
02 Ottobre 2010
di redazione
Un’Italia violenta, in cui «sono stati aperti i cancelli dello zoo» e che «ha perso il senso delle istituzioni», ma dove la Fiat vuole continuare a investire nonostante qualcuno «la prenda a schiaffi». È quella descritta da un Sergio Marchionne a tutto campo, intervenuto al convegno della Federazione nazionale dei Cavalieri del lavoro, dove è venuto a spiegare e a difendere l’accordo di Pomigliano, che «non azzera alcun diritto istituzionale», e anche la scelta di restare in Italia, malgrado «logiche economiche e finanziarie» che «spingerebbero verso altre scelte e altri Paesi».
In arrivo dal Salone dell’auto di Parigi, dove i dati sulle immatricolazioni auto diffusi ieri sono stati accolti senza sussulti, visto che «erano totalmente attesi», Marchionne è tornato a immergersi nella realtà italiana. Una realtà che è fatta, in questi giorni, anche di violenza, dai tafferugli di Treviglio alla vicenda che ha coinvolto il direttore di Libero, Maurizio Belpietro: «Il paese – ha detto con amarezza Marchionne – ha perso il senso istituzionale, la bussola è partita, qualcuno ha aperto i cancelli dello zoo e sono usciti tutti». Una situazione «difficile da spiegare» quando si va in giro per il mondo. In una parola, qualcosa di «vergognoso». Il pensiero dell’ad di Fiat va anche agli anni di piombo («quelle fotografie le ricordiamo tutti», dice).
Si tratta, aveva detto poco prima davanti alla platea dei Cavalieri del lavoro, riuniti per parlare di tematiche europee, di episodi «che vanno condannati con fermezza», perchè «questa è una cultura che non ci appartiene e che serve solo a distruggere ciò che di buono stiamo tentando di costruire». E quella che la Fiat sta tentando di costruire è Fabbrica Italia, il piano di investimenti da 20 miliardi, un progetto che «non nasce da un calcolo di convenienza», visto che altrove ci sono «condizioni più vantaggiose e maggiori certezze».
Ma che si impone perché Marchionne crede che «la Fiat abbia il dovere di guardare prima di tutto all’Italia». Esempio concreto di ciò che si può fare è l’accordo di Pomigliano, che, assicura, «non azzera alcun diritto costituzionale», anche perchè le richieste dell’azienda «non sono state certo pensate per penalizzare i lavoratori, ma servono solo per far funzionare meglio la fabbrica, rendendola più competitiva». E allora ecco i 18 turni, la semplificazione della busta paga (per leggere la quale, oggi, si compie un «esercizio bizantino»), la questione delle malattie. Secondo Marchionne si tratta di «un buon accordo», sul quale il Lingotto chiede non plebisciti, «ma il rispetto della volontà della maggioranza».
L’impegno della Fiat, insomma, non mancherà, ma anche le istituzioni sono chiamate alla loro parte per affrontare la crisi, evitando di scaricare il peso del welfare sulle aziende («guardate chi sta pagando veramente la cig», osserva) e agendo in un’ottica di sviluppo e non solo di austerità. Il tutto, però, non perdendo di vista che «la crescita deve offrire la possibilità di migliorare la vita a un numero molto più alto di persone» e che, come disse Bob Kennedy tre mesi prima di essere ucciso, il pil «misura tutto, eccetto ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta».