Groenlandia. Al referendum vince il sì alla maggiore autonomia dalla Danimarca

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Groenlandia. Al referendum vince il sì alla maggiore autonomia dalla Danimarca

26 Novembre 2008

 

Il 75% degli abitanti della Groenlandia ha votato a favore di una maggiore autonomia nei confronti della Danimarca, contro il 23% che ha votato contro, secondo i primi risultati officiali diffusi dopo il referendum tenutosi ieri. La Groenlandia dispone di un’autonomia parziale dal 1979. L’attuale referendum ha come obiettivo quello di assegnare all’isola, ricoperta per l’84% da ghiacci, un maggiore controllo delle sue risorse naturali, dei giacimenti di petrolio lungo la costa, così come di poter disporre di una maggiore autonomia del suo apparato giudiziario. Il trionfo del sì dei groenlandesi darebbe inoltre all’ “eschimese lo stato di lingua ufficiale. In ogni caso, la Danimarca continuerà a controllare la politica monetaria della Groenlandia, così come la politica estera”.

“Guardando alla nostra storia passata è la prima volta che viene richiesto il nostro parere”, ha detto il primo ministro della Groenlandia, Hans Enoksen. “Sono molto commosso -ha aggiunto- perchè adesso, come altri popoli, saremo riconosciuti come una vera nazione”.

A Copenaghen il primo ministro danese Anders Fogh Rasmussen ha salutato il risultato della consultazione popolare dicendosi “lieto che la proposta abbia ricevuto un sostegno così ampio”. In Groenlandia i risultati del referendum diventeranno effettivi il 21 giugno 2009; il governo di coalizione tra socialdemocratici e liberali otterrà così il diritto di controllare le risorse naturali della enorme isola quali petrolio, gas, oro, uranio, zinco e piombo.

Alcune compagnie come Exxon Mobil e Chevron, ricorda il quotidiano spagnolo ‘El Pais’, hanno già iniziato a cercare giacimenti di greggio nella costa occidentale. Secondo calcoli della Groenlandia, in questa zona c’è petrolio in quantità maggiore di tutta la produzione del Mare del Nord e alla metà delle riserve dell’Arabia Saudita; anche se gli alti costi di estrazione -all’incirca 50 dollari a barile- lasciano al momento poco margine agli utili.