I candidati alla presidenza vanno a caccia del voto dei cattolici
17 Aprile 2008
di redazione
La Pennsylvania val bene una Messa. In vista delle primarie del 22 aprile (decisive, ma anche no), Hillary Clinton e Barack Obama hanno ingaggiato una battaglia per la conquista del voto dei cattolici, che in Pennsylvania rappresentano un terzo dell’elettorato. La coincidenza del voto con la visita di Benedetto XVI, che concluderà il suo viaggio apostolico in terra americana domenica 20, ha inevitabilmente amplificato questa sfida nella sfida tra i contendenti democratici.
I due senatori hanno fatto a gara nel lodare il magistero del Pontefice. Obama ha offerto le sue preghiere per il successo della visita del Papa. “Mentre le famiglie americane – ha affermato in un comunicato – sono alle prese con crescenti difficoltà economiche e preoccupazioni dall’estero, il tema della visita di Benedetto XVI “Cristo nostra speranza” offre consolazione ed esorta tutte le comunità religiose a mettere la fede in azione per il bene comune”. Il senatore afro-americano ha anche ricordato di aver studiato in una scuola cattolica quando, da ragazzino, ha vissuto per alcuni anni in Indonesia.
Dal canto suo, Hillary ha lodato il Vaticano per essere il primo Stato ad inquinamento zero al mondo ed ha elogiato il messaggio del Papa a difesa dei più deboli.
Anche se Benedetto XVI non incontrerà nessuno dei tre candidati alla presidenza, le sue parole saranno vagliate attentamente dai loro consiglieri politici. Alla vigilia dell’arrivo del Papa a Washington, il reverendo Thomas Reese, politologo della Georgetown University ha riassunto così, all’Associated Press, gli auspici dei candidati: i Repubblicani sperano che il Papa dica qualcosa di forte su aborto e unioni gay.
I Democratici auspicano che il Pontefice ribadisca la posizione della Santa Sede sulla guerra in Iraq. Per la rivista “America” dei gesuiti, proprio sull’Iraq si potrebbe verificare una convergenza tra le parole del Papa e la posizione di Obama. Tuttavia, il senatore dell’Illinois, nello svolgersi delle primarie, non ha attratto il voto cattolico (il 25 per cento dell’elettorato americano) che si è invece indirizzato verso la ex First Lady. Hillary Clinton va forte con gli ispano-americani, il maggiore blocco cattolico degli USA. Le più serie difficoltà del senatore afro-americano con i cattolici osservanti, come anche con gli evangelici, sono però dovute ad alcune sue affermazioni controverse.
Se, infatti, Obama, fin dall’inizio della campagna elettorale, ha richiamato il ruolo della religione nella vita del popolo americano, sui valori non è apparso del tutto convincente. Dopo la gaffe abortista – “non vorrei che mia figlia per un errore fosse punita con un bambino” – Obama è incappato in uno scivolone che, a detta di molti osservatori, potrebbe costargli, se non la nomination, le presidenziali del 4 novembre. Impegnato in un comizio a San Francisco, ha dichiarato che gli operai delle fabbriche della Pennsylvania sono amareggiati per la crisi economica e per questo diventano xenofobi e si aggrappano alla religione e alle pistole. Apriti cielo.
Con un solo colpo, Obama si è alienato le simpatie di fedeli, “tute blu” e difensori del diritto al porto d’armi. Il candidato del “Yes, we can” è corso ai ripari: nel giro di pochi giorni, ha presentato un comitato di leader cattolici che lo sostiene, ha mandato in onda uno spot elettorale con il senatore pro-life Bob Casey ed ha promesso che, se eletto, manterrà l’ufficio della Casa Bianca per le iniziative di ispirazione religiosa, voluto da George W. Bush.
Del resto, come rilevato dal Pew Forum on Religion and Public Life, il mondo cattolico americano è tutt’altro che monolitico. Si va dai conservatori sociali antiaboristi (che hanno votato Bush) ai modernisti più attenti alle questioni sociali e alle ragioni della pace (che votano democratico). Di qui l’incapacità di tutti i candidati di conquistare in toto il voto dei cattolici.
E’ anche il caso di John McCain. Il senatore repubblicano è contrario all’aborto e alle unioni gay. Sensibile alla causa ecologista, è moderato sul fronte dell’immigrazione, ma il suo convinto appoggio alla guerra in Iraq lo trova in netto disaccordo con l’episcopato americano. Come Obama, anche McCain ha annunciato la formazione di un gruppo di prominenti cattolici che appoggiano la sua candidatura. Un modo per stemperare le tensioni innescate da uno scomodo endorsement, quello del reverendo John Hagee. Il televangelista del Texas è noto per le sue dichiarazioni offensive nei confronti della Chiesa cattolica. McCain, ricorda l’agenzia ChatolicNews, ha censurato le affermazioni di Hagee ma non ha rinunciato al suo appoggio, come gli chiedeva la Catholic League.
Peraltro, il senatore dell’Arizona ha un approccio molto diverso sulla religione rispetto a Obama e Hillary. Tanto i due candidati democratici si trovano a loro agio nel parlare di Dio, tanto il veterano del Vietnam tiene un basso profilo sull’argomento. McCain, cresciuto come episcopaliano ma che ora si definisce di fede battista, all’inizio della sua campagna elettorale ha tagliato corto rispondendo ai giornalisti: “La cosa importante è che sono cristiano”.
La settimana scorsa, tuttavia, sul sito web Baptist press, il suo pastore Dan Yeary ha sottolineato che McCain è legato a Cristo e che non ha dubbi sulla solidità della sua fede. C’è poi chi ricorda come, durante, la sua prigionia in Vietnam, McCain venisse chiamato dai suoi commilitoni “il cappellano” per la sua conoscenza della Bibbia. “John McCain”, ha affermato la stratega repubblicano Cheri Jacobus al “Washington Times”, “ha il merito di non usare la sua fede come uno strumento politico”. Insomma, sarà difficile sentirlo ripetere quanto disse George W. Bush nelle presidenziali del 2000: “Il mio filosofo preferito? Gesù Cristo”.