I colpi bassi di D’Alema e Bersani

LOCCIDENTALE_800x1600
LOCCIDENTALE_800x1600
Dona oggi

Fai una donazione!

Gli articoli dell’Occidentale sono liberi perché vogliamo che li leggano tante persone. Ma scriverli, verificarli e pubblicarli ha un costo. Se hai a cuore un’informazione approfondita e accurata puoi darci una mano facendo una libera donazione da sostenitore online. Più saranno le donazioni verso l’Occidentale, più reportage e commenti potremo pubblicare.

I colpi bassi di D’Alema e Bersani

01 Aprile 2008

Lentamente, cercando di non farsi notare troppo, i dalemiani
si stanno dislocando nelle trincee giuste per colpire duro dopo le elezioni. Se
Veltroni non ce la facesse a pareggiare, inizierà in men che non si dica la
“guerra di movimento”.

Baffino ha lasciato cadere un giudizio sulla campagna
elettorale del Pd che non  costituisce
certo una promozione a pieni voti. Anzi, suona come una mezza bocciatura. “Si
può fare”, lo slogan forte di Walter, copiato da quel “Yes, we can” che tanto
ha giovato ad Obama, è – secondo Massino – “un po’ moscio”. Forse era meglio
una sana traduzione alla lettera: “Sì, noi possiamo”. Il siluro è partito a
pranzo fra una chiacchiera e l’altra e il tono della critica non è sembrato
particolarmente acido. Eppure, accidenti se non è una stroncatura! Che cosa
vuoi dire di peggio di un’operazione propagandistica? “Moscio” è il contrario
di quello che bisogna fare e dire in campagna elettorale. Vuol dire che non
scompagina i giochi dell’avversario, non entra nelle discussioni della gente,  non buca lo schermo.

Il giorno dopo l’attacco di Baffino, è toccato ad un suo
uomo, Bersani, sparare soavemente contro Veltroni: “Bisogna che sia più
esplicito con gli industriali, che chieda il loro voto senza troppe cautele”.
Capito? Anche qui l’accusa è di scarsa efficacia, di un coraggio dimezzato.

I due colpi sono partiti subito dopo l’intervista autogol
della buona balia Goffredo Bettini. Incredibile a dirsi, è stato proprio l’uomo
più vicino a Walter a fissare l’altezza dell’asticella aldisotto della quale
finirebbe la leadership veltroniana: “Se il Pd non raggiunge il 35 per cento,
potremmo andarcene”. La percentuale non è proibitiva, ma nemmeno a portata di
mano: insomma un traguardo di difficoltà medio-alta. Al loft le dichiarazioni
di Goffredone hanno creato prima sconcerto, poi rabbia. Dicono che qualcuno dei
Walter boys – in genere molto silenziosi – si sia lasciato andare ad un
liquidatorio: “Ma questo è cretino?”. Veltroni ha taciuto, ma ha subito cercato
di metterci una pezza dichiarando che smetterà di fare il leader del Pd solo se
e quando a chiederglielo sarà il “popolo delle primarie”. Come dire: “Non
sperino D’Alema e compagni di farmi fuori con una congiura di palazzo. Ci vorrà
un voto della base”. Un modo quantomeno per prendere tempo.

E Fassino, che farà? Silenzio totale sul fronte birmano,
così chiamato perché l’ex segretario del Ds è stato incaricato di occuparsi dei
misfatti della dittatura orientale. Le questioni di casa nostra per il momento
sono fuori dalla sua portata. Ma, c’è da giurarlo, se Veltroni perderà, anche
lui tornerà in partita.

Politica guardata dal buco della serratura? Sicuro, ma
questa campagna elettorale non è di quelle che si fanno apprezzare per le
grandi novità né per la capacità di fare i conti con i grandi problemi del
mondo. Tutto è piccolo piccolo. Solo Berlusconi ha qualche colpaccio di genio
tipo Alitalia. Quanto a Veltroni, dopo aver “venduto” alcune candidature come
le “figurine Panini”, niente di eccitante: solo le solite e un po’ usurate
promesse.

Nella noia di questa campagna elettorale, c’è qualcuno che sta
affilando i coltelli. Il 13 e il 14 si voterà e poi – solo dopo – inizieranno i
duelli veri. Walter è avvisato.