Il laicismo triste non tollera benedizioni pasquali
10 Marzo 2015
di redazione
Due visioni della laicità si scontrano nella storia della scuola bolognese dove un gruppo di genitori e insegnanti ha fatto ricorso al Tar dopo la decisione del Consiglio di Istituto di acconsentire alla benedizione pasquale. (Decisione che è stata presa a larghissima maggioranza).
Una è la laicità figlia del buonsenso, che permette a chi vuole farlo di vivere un rito festivo della nostra tradizione con letizia e nella normalità. Una laicità aperta, che non teme il confronto tra Fede e Ragione nello spazio pubblico.
L’altra è una laicità “triste”, come ha scritto per altre vicende il quotidiano Avvenire, minoritaria come dimostra il voto in Consiglio di Istituto, ma che diventa maggioritaria grazie al risalto che le danno i media o scomodando i tribunali. Una laicità debole, relativistica, che esclude e rimuove i simboli invece di includere e affrontare le identità.
Nel ricorso fatto al Tar con il sostegno di CGIL Scuola e Costituzione e UAAR, come riporta la stampa locale, si contesta proprio il fatto che gli studenti non hanno l’obbligo di partecipare al rito e che questo non interferisce con l’orario delle lezioni. Come se la sola presenza di un sacerdote tra le mura scolastiche, relegato magari in palestra per non urtare l’altrui sensibilità, sia sufficiente a imporre conversioni di massa al cattolicesimo.
Si tirano per i capelli anche gli studenti, tutti quelli che, non avendo partecipato alla benedizione, finiranno per sentirsi esclusi, diversi dagli altri, subendo pesanti contraccolpi psicologici, una sorta di subdola costrizione indiretta. E con questo incrocio tra maledizione di Montezuma e lavaggio del cervello siamo arrivati al punto in cui è il buonsenso che va a farsi benedire… Si spera, laicamente, che il Tar non riservi altre sorprese.