Il nuovo avamposto della lotta al terrore nel Mediterraneo
23 Agosto 2008
L’Algeria torna a respirare il prepotente vento del terrore che in questi due mesi si è intensificato tornando ai livelli dello scorso anno quando il bilancio dei morti superò le trecento unità. Gli attentati del 19 e 20 agosto indirizzati soprattutto su obiettivi militari, hanno coinvolto anche numerosi civili e sono stati i più pesanti dall’inizio dell’anno.
Ad Issers, cittadina a 60 km ad est di Algeri un camion imbottito di esplosivo con alla guida un kamikaze si è lanciato contro una caserma della scuola di polizia dove erano in coda numerosi allievi in attesa di presentare domanda di iscrizione e stazionavano molti civili, causando la morte di 43 persone oltre a decine di feriti.
A Bouira due giorni fa gli attentati sono stati addirittura due: uno dichiaratamente contro civili, è stato provocato dall’esplosione di un autobus di fronte all’Hotel Sophie, l’altro invece presso il distretto militare della città e con lo stesso metodo e con un bilancio totale di 12 morti e 44 feriti. Un vero e proprio bollettino di guerra caratterizza giornalmente da più di due mesi il cosiddetto “quadrilatero della morte” costituito dalle quattro province più tartassate dalle incursioni degli estremisti islamici ovvero quelle di Algeri, Tizi-Ouzu, Boumerdès e Bouira ed in generale la grande regione della Cabilia dove le azioni di Al Qaeda nel Maghreb hanno buon gioco, confuse con i boicottaggi e le proteste attuate dai movimenti autonomisti. La strategia degli estremisti islamici, ex militanti del Gruppo Salafita per la Predicazione ed il Combattimento, ora confluiti nella sezione maghrebina di Al Qaeda, è cambiata dopo la mossa del presidente Bouteflika che ha deciso di graziare molti dei terroristi degli anni Novanta, di offrire sconti di pena a quanti decidano di rinunciare all’azione eversiva.
Meno siti civili e meno azioni tra la folla e maggiore pressioni su obiettivi militari e sedi istituzionali (come lo scorso anno quando un grande attentato distrusse il palazzo costituzionale e parzialmente il palazzo degli uffici dell’Onu, causando 67 morti e diverse centinaia di feriti); utilizzo di kamikaze e di autobombe ed abbandono progressivo delle azioni frontali, arruolamento di gente comune, soprattutto studenti, disoccupati o operai ed allontanamento dai “professionisti” della vecchia guardia del Gruppo Islamico Armato, di cui molti dei membri si sono consegnati all’esercito algerino ed altrettanti sono stati uccisi in una sorta di regolamento di conti ordinato da Abdel Malik Droukedel, leader di Al Qaeda nel Maghreb. Così al Qaeda persegue nel suo grande piano di destabilizzazione, colpendo sempre di più la capitale Algeri e cavalcando il malcontento delle genti berbere e delle popolazioni al confine con gli stati del Sahel (Mali e Mauritania), che lamentano un notevole abbandono dello stato centrale.
I maggiori quotidiani hanno criticato il silenzio del presidente e del premier algerino Belhkadem, paventando il pericolo di forti divisioni all’interno della classe dirigente del paese e stanno perdendo fiducia nella “politica della riconciliazione che ha permesso a molti estremisti di stare a piede libero. In Algeria, gli accordi economici con numerose compagnie russe che trattano gas e petrolio e le proposte di ampliamento del piano Africom che prevede la presenza di marines nei paesi del Maghreb ha generato più malcontento che consensi ed ha messo in secondo piano la lotta al terrorismo.
Al Qaeda nel Maghreb si è sempre più rafforzata, grazie ai contatti con le organizzazioni mediorientali, all’appoggio dei miliziani provenienti dalla Somalia e dal Sudan e dalla penisola arabica oltre all’operazione propagandistica ed arruolatrice svolta da numerosi Imam, anche in Italia. In questo senso sono stati emblematici i casi di Brescia, Milano ed ultimo quello di Bologna. La lotta al terrorismo internazionale si sposta sempre di più verso il Mediterraneo e l’Algeria con la Turchia si apprestano a diventare i primi ennesimo avamposto di questo complicato conflitto.