Ilva il giorno dopo la svolta
18 Agosto 2012
C’è un punto fermo dal quale ora persino il governo non intende più fare passi indietro: perché l’Ilva possa continuare a produrre acciaio in gran quantità a Taranto, è necessario che i suoi padroni, la famiglia Riva, e il suo nuovo presidente, l’ex prefetto di Milano Bruno Ferrante, si convincano che è loro stesso interesse recepire tutte le prescrizioni indicate dai consulenti del giudice Patrizia Todisco. È necessario, in particolare, che l’Ilva confermi di voler collaborare con Governo e Regione Puglia affinché davvero entro il prossimo 30 settembre sia operativa la nuova Aia (Autorizzazione integrata ambientale), quella che dovrà prevedere l’impiego nel centro siderurgico di Taranto di tutte le più avanzate e moderne tecnologie in materia di produzione di acciaio: le stesse che una recente direttiva dell’Unione europea impone che vengano utilizzate entro il 2016. Sì, in fondo, al termine di una giornata che a tutti gli effetti può essere definita storica per la città di Taranto, è questa l’unica certezza che emerge dalle stesse dichiarazioni rese alla stampa dai ministri Corrado Clini (Ambiente) e Corrado Passera (Sviluppo economico).
Sia chiaro, il governo non ha cambiato del tutto idea sulle ordinanze emesse nei giorni scorsi dal giudice Todisco. Ad esempio, sia Corrado Passera sia Corrado Clini sono convinti che almeno una delle prescrizioni non debba essere presa in considerazione: quella che imporrebbe (il condizionale è d’obbligo) lo «spegnimento» dell’area a caldo dell’Ilva. Ma, come si diceva, qui a Taranto, al termine di una giornata interamente trascorsa ad ascoltare le ragioni di tutti i soggetti istituzionali (dal presidente della giunta regionale pugliese, Nichi Vendola, all’arcivescovo, Filippo Santoro), i ministri Passera e Clini hanno espresso parole assai diverse da quelle che solo lunedì scorso sono venute fuori dalla bocca del sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Antonio Catricalà. Ora, dopo quasi una settimana di «tira e molla», il governo ha abbandonato la strada del ricorso alla Corte costituzionale e del conseguente conflitto di attribuzione contro il giudice Todisco.
Certo, è presto per dire che siamo davvero alla vigilia di una svolta definitiva, ma forse, mai come questa volta, c’è la consapevolezza che, dopo l’azione della magistratura di Taranto, nulla potrà più essere come prima. E sono proprio le parole pronunciate dai ministri a telecamere accese a rafforzare questa convinzione. «Oggi – ha detto ad esempio il ministro Passera – c’è stato chiaro e forte il consenso su una questione di fondo: non ci può essere una scelta tra la salute e il lavoro». «La collaborazione con la magistratura – ha aggiunto – è e sarà totale». E «da settembre si lavorerà a una nuova Aia, che conterrà tutte le prescrizioni per essere in regole con l’Italia e la Ue». «Auspichiamo – ha però – osservato lo stesso Passera – che non vengano prese decisioni che siano irrimediabili nelle loro conseguenze». E per rafforzare questo concetto, il ministro dello Sviluppo economico ha sottolineato la necessità che «si convinca la magistratura ad aiutare il processo di ammodernamento dell’Ilva in modo tale che l’azienda sia totalmente in linea con le regole, ma che questo non porti alla chiusura dello stabilimento». In pratica, dal governo arriva una sorta di invocazione, rivolta alla magistratura tarantina.
E non a caso, anche ieri il ministro Clini ha detto di aver sentito al telefono il procuratore della Repubblica di Taranto, Franco Sebastio. Il ministro non ha rivelato il contenuto di quella che ha definito una conversazione cordiale: più precisamente si è sbilanciato a dire che c’è stata una «convergenza nel merito». Ma lo stesso Clini non ha nascosto che con la magistratura «permangono alcuni punti di contrasto». E infatti, la nuova Aia, quella che dovrebbe essere definita entro settembre, «recepisce le prescrizioni del gip, fatta eccezione di quelle sulla fermata degli impianti».
Eppure, come si diceva, il governo al termine di questa giornata non vuole affatto esaltare gli elementi di contrasto. E così è proprio Clini a sottolineare che «il processo che si è avviato non è destinato a mettere un tappo al camino, ma a cambiare il ciclo della produzione». «Questa operazione che noi concludiamo entro il 30 settembre – ha detto ancora Clini – è una grande operazione di politica ambientale e industriale insieme». Il Governo, infine, hanno fatto sapere Clini e Passera, sollecitati dalle domande dei giornalisti, non ha ancora deciso se costituirsi o no parte civile nel processo che verrà celebrato a Taranto. Il motivo è tutto legato al fatto che siamo ancora in una fese preliminare delle indagini. «In una fase così iniziale della procedura giudiziaria ha detto peraltro il ministro dello Sviluppo economico – sarebbe per noi sbagliato che venissero prese delle decisioni, quelle sì irreversibili, che potrebbero causare un danno non più recuperabile».
(Tratto da Gazzetta del Mezzogiorno)