Invece di alzare la voce con Tremonti la Moratti dovrebbe fare scelte politiche

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Invece di alzare la voce con Tremonti la Moratti dovrebbe fare scelte politiche

16 Giugno 2008

Il decollo dell’Expo 2015 si è un po’ complicato. Non è stato ancora varato il decreto che doveva istituire l’organo di gestione dell’evento e Giulio Tremonti ha chiesto di esaminare bene i miliardi di investimenti immediati necessari per far partire le prime iniziative. Si teme che, quando a luglio arriveranno gli ispettori della Bie (l’ufficio internazionale che sovrintende alle “esposizione”), i lavori preparatori non saranno ancora stati avviati.

Letizia Moratti ha levato giustamente la sua protesta. Alla quale si è affiancato Roberto Formigoni. E, con qualche sarcasmo, Filippo Penati, presidente democratico della Provincia di Milano.  Si è aperta, nel contesto, anche una sorta di dialettica tra una Roma dai conti dissestati e una Milano che chiede siano rispettati gli impegni.

Le proteste sollevate sotto la Madonnina sono più che ragionevoli: l’Expo 2015 passa una sola volta e l’occasione non va persa. Ma la Moratti non può pensare di esaurire la sua iniziativa in qualche lavata di capo al governo. Sappiamo che è una parolaccia, ma servirà un po’ di politica.

Tremonti ha di fronte a sé il terzo debito statale mondiale per valore assoluto, il suo impegno nel risanamento è tremendo. Va ripreso se non mostra attenzione per le scelte strategiche ma anche aiutato, per esempio nel suo piano strategico per rendere fruttifero l’enorme patrimonio pubblico  esistente nel territorio.

Inoltre la sfida al governo diventa efficace se il fronte milanese-lombardo è schierato compattamente a sostegno delle scelte di fondo. La Moratti che appare volere concentrare in sé tutti i poteri, con un suo commissariamento degli atti amministrativi che tende a esautorare qualsiasi altro livello decisionale e con un  modello di gestione che concentra tutta l’attività su un amministratore delegato, il fido Paolo Glisenti, non aiuta a costruire un sistema di alleanze sia pure articolate che la sorreggano nel confronto con Roma.

Il sindaco di Milano dovrebbe riflettere sul fatto che la città da lei amministrata apprezza e ama chi la guida e in questo senso ha imparato a stimarla per le scelte più decise (dalla lotta per la sicurezza all’ecopass alla vittoria per l’expo) ma non tollera a lungo chi si atteggia a “padrone”. Anche personaggi storici e politici di grandissimo valore della città  hanno finito per scontrarsi con questo umore di fondo dei milanesi.

Poi, è anche bene che il sindaco sia avvertita del fatto che il buon sostegno che le offre, finalmente, il Corriere della Sera è importante, benvenuto ma non risolutivo.  Che il Corriere sia una “potenza” formidabile non è in discussione: l’ha sperimentato sulle sue spalle Massimo D’Alema, e oggi sembra subirne l’iniziativa Roberto Formigoni. L’essere uno degli snodi fondamentali (altri passano per Repubblica e altri per l’asse Marco Travaglio-Antonio Di Pietro) del circuito mediatico giudiziario ogni tanto impone scelte un po’ umilianti (come far scrivere un editoriale a Luigi Ferrarella) ma dà anche una capacità di fuoco irresistibile. Però – come si può capire leggendo quel che è avvenuto nell’ultimo terribile quindicennio – quello di via Solferino è un potere destruens (e peraltro anche parziale perché Silvio Berlusconi non sono riusciti mai, nonostante tutti gli sforzi, ad affondarlo definitivamente) ma non è (più) un potere coalizzatore, forse perché gli manca una chiave adeguata di interpretazione della realtà di cui il quotidiano stesso è espressione.

E questa verità politica è facile da misurare solo riflettendo sulle “operazioni” impostate da via Solferino in questi anni: prima l’idea di costruire un’alternativa a Berlusconi con Marco Follini, poi l’appoggio al governo della coppia Prodi-Bertinotti, poi l’invenzione dell’antipolitica (più qualche convegno bocconiano) per preparare un governo Mario Monti, poi la scoperta di Guglielmo Epifani (con annessa sponsorizzazione della Susanna Camuso come prossima segretaria della Cgil) come l’uomo del riscatto del prodismo, poi il tentativo di lanciare Pier Ferdinando Casini come freno del berlusconismo-leghismo montante.

Anche un frettoloso ripasso degli esiti delle recenti gloriose campagne corrieriste dovrebbe aiutare la Moratti a essere contenta del nuovo appoggio, ma a non affidarcisi troppo.