La cordata tricolore prende forma ma l’Ue frena sul prestito ponte

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La cordata tricolore prende forma ma l’Ue frena sul prestito ponte

24 Aprile 2008

Silvio Berlusconi ha evitato che l’offerta francese (che la si consideri al ribasso oppure l’unica chance per il rilancio) fosse l’ultima spiaggia. Si dovrebbe partire da qui per descrivere gli sviluppi della partita Alitalia, passata nelle mani del leader del PdL il 24 marzo, in piena campagna elettorale, quando lo stesso Berlusconi si era detto pronto a formare una cordata per rilevare l’aviolinea.

E’ da quel momento in poi che la compagnia di bandiera s’è lasciata alle spalle quella situazione di immobilismo (misto a rassegnazione) nella quale il Governo Prodi, trattando in esclusiva con Air France, l’aveva spinta: nessuno, tranne monsieur Jean Cyril Spinetta aveva avuto accesso ai dati e ai libri contabili e patrimoniali di Alitalia. Eppure, nonostante il flop – del quale hanno grandi responsabilità sia i sindacati sia l’asse Prodi-Padoa Schioppa – che si siano aperti nuovi spazi, al Governo uscente importa poco. “Aver perso l’ultima occasione (Air France, ndr) è un altro colpo autolesionistico di questo Paese” , ha detto nell’intervista di oggi su l’Unità il viceministro dell’economia Vincenzo Visco difendendo l’operato della sua squadra – “ha fatto quello che poteva nella situazione data. Alitalia è l’ultima polpetta avvelenata che ci ha lasciato Berlusconi” – ma dimenticando i pasticci di venti mesi di Governo.

Acqua passata: ora in ballo ci sono nomi diversi, nuove intenzioni e un piano di lavoro differente. Partiamo dall’ultimo punto. I 300 milioni di prestito ponte sui quali l’aviolinea potrà contare se otterrà il beneplacito dell’Ue permetteranno al nuovo governo di proiettarsi nel pieno della trattativa con i nuovi “alleati” italiani (banche e imprenditori capaci di appiccicare sopra Alitalia almeno un sigillo di garanzia). E solo in un secondo momento permetteranno di trattare con un competitor straniero, senza il quale sarà difficile assicurare la sopravvivenza della compagnia. Il piano firmato da Berlusconi si basa su questi pilastri. E Bruno Ermolli, superconsulente del leader del PdL buttato nella mischia proprio per mettere in piedi una cordata verde-bianco-rosso, sta seguendo questa linea – insieme con Gianni Letta – già da quel famoso 24 marzo. Obiettivo: concludere l’operazione nel più breve tempo possibile per evitare il commissariamento della società come previsto dalla Legge Marzano, mantenere la compagnia il più possibile “italiana” e salvare Malpensa. Il tutto a costo di “dolorosi tagli del personale”, come ha detto lo stesso Berlusconi. E chi lo conosce bene è pronto a giurarci: il Cav. porterà a termine l’operazione. Per almeno tre motivi: Berlusconi è un imprenditore e come tale ha fiuto per gli affari (anche per quelli internazionali); Berlusconi sa che attorno ad Alitalia si gioca una partita politica di dimensioni enormi; Berlusconi non può cominciare la Legislatura con un fallimento di questa portata sulle spalle, soprattutto dopo essere entrato a gamba tesa nel dibattito.

Da qui l’impegno a tutto campo profuso dal leader del PdL. Che da un mese a questa parte, insieme con la sua squadra, sta sondando il terreno all’interno dei confini italiani, sta analizzando la situazione finanziaria dei possibili soggetti interessati e monitorando la disponibilità degli stessi. Sta insomma giocando in casa prima di aprire le porte a un competitor straniero: l’esatto opposto rispetto al piano di lavoro pensato e messo in pratica da Romano Prodi.

Ieri la svolta: il patron di Fondiaria Sai e Premafin Salvatore Ligresti è uscito allo scoperto esternando all’Italia fresca di elezioni la sua disponibilità a “dare una mano” mentre già tre giorni fa il presidente del consiglio di gestione di banca Intesa, Enrico Salza, aveva fatto sapere di poter essere interessato. Perfino gli industriali hanno cambiato atteggiamento nei confronti di quella che era stata bollata come una cordata fantasma. Marco Tronchetti Provera (che sarebbe disposto a mettere sul piatto fino a 5 milioni di euro) ieri ha auspicato l’intervento italiano in alternativa a un commissariamento o a una svendita; il presidente di Assolombarda Diana Bracco dopo il prestito ponte di 300 milioni ha parlato di soluzione più vicina; il patron di Geox Mario Moretti Polegato ha definito la cordata italiana “un dovere civico degli imprenditori”. Segno che il clima è cambiato.

Dopo le dichiarazioni di Salvatore Ligresti, i giochi si sono ufficialmente aperti. Ligresti è il numero uno della Premafin, la holding che controlla società non solo nel settore assicurativo, ma anche finanziario, bancario, sanitario e immobiliare. Premafin ha anche il 2% delle Assicurazioni Generali e il 4% di Mediobanca. Ed è anche sugli azionisti di Mediobanca infatti che sono puntati gli occhi. Uno su tutti, Marcellino Gavio. Ma più in generale si parla anche dei Benetton e del re dell’acciaio Riva. E se Carlo de Benedetti si è tagliato fuori, l’imprenditore Miro Radici (la società è già operativa con la compagnia Miniliner) si è detto interessato a rilevare i veivoli cargo con base a Malpensa. Disposto ad avere un ruolo di secondo piano, resta Carlo Toto, patron di Air One e in generale, la lista degli interessati ad avere una quota di minoranza sembra lunga.

Imprenditori, banche (Intesa SanPaolo in prima linea, già al fianco appunto della Air One), grandi gruppi internazionali: tutti in pista per salvare/mangiare – a seconda dei casi – Alitalia. Ma al momento, da superare c’è lo scoglio Ue.

E da Bruxelles non arrivano buone norizie: "Sul prestito ponte sono necessari ulteriori chiarimenti. Per il momento abbiamo forti dubbi". In particolare, il commissario Ue ai Trasporti, Jacques Barrot, ha fatto sapere che l’Unione europea vuole sapere se si tratta di un’operazione commerciale o sono coinvolti degli aiuti di Stato. Ieri la Commissione Ue ha ricevuto ieri dal governo italiano una lettera e altri documenti sulle misure prese per l’aviolinea italiana.

L’intervento è fortemente osteggiato anche dalla compagnia aerea low cost Ryanair che ha presentato un reclamo all’Ue nel quale "fa appello alla Commissione Europea per fermare un ulteriore aiuto di stato illegale da 300 milioni di euro ad Alitalia".

E’ quindi proprio sul giudizio della Commissione europea sul maxiprestito di 300 milioni concesso martedì dal Consiglio dei Ministri che si riversano le speranze e le paure di chi, attorno alla partita Alitalia, sta giocando un ruolo di primo piano. Dai dipendenti a tutti i protagonisti della finanza e della politica made in Italy.