Si infrange contro il “niet” della Corte Suprema la madre di tutte le battaglie legali per fermare, prima del voto dei grandi elettori previsto il 14 dicembre, la proclamazione di Joe Biden sulla quale Donald Trump insieme a molti Stati e parlamentari repubblicani avanzano forti dubbi di regolarità.
Il massimo organo giurisdizionale degli Stati Uniti ha chiuso la porta al ricorso presentato dal Texas, e appoggiato da altri diciotto Stati, contro il cambio delle regole in corsa che in Georgia, Michigan, Pennsylvania e Wisconsin aveva dilatato a dismisura i termini del voto per corrispondenza. Con un pronunciamento di appena una pagina, la Corte ha dichiarato che cade al di fuori della giurisdizione del Texas il processo elettorale di altri Stati e ciò priva il ricorso di basi legali.
In dissenso per questioni di metodo i giudici conservatori Clarence Thomas e Samuel Alito, secondo i quali la Corte avrebbe dovuto almeno ascoltare le argomentazioni dei querelanti. “Dal mio punto di vista, non possediamo la discrezionalità per respingere la presentazione di un’istanza di protesta che ricade sotto la nostra giurisdizione”, ha osservato Alito. E anche Thomas avrebbe voluto garantire che la mozione potesse essere almeno depositata e discussa. Entrambi, tuttavia, hanno specificato che questo non avrebbe implicato un loro sostegno nel merito alla causa avanzata dal Texas.
Immediata l’esultanza della speaker Nancy Pelosi, secondo la quale “i 126 deputati repubblicani che hanno firmato questa causa illegale e antidemocratica hanno portato disonore alla Camera”. Donald Trump, invece, affida a Twitter la sua amarezza: “La Corte Suprema – ha cinguettato il Presidente uscente – ci ha davvero deluso. Niente saggezza, niente coraggio”.