La coscienza burocratica e la strage di Milano
11 Aprile 2015
di redazione
Fare il cretino per conto terzi mi ha sempre profondamente infastidito. E’ sufficiente la quota di stupidità che la natura riserva a ciascuno e per la quale, chi più, chi meno, paga qualche conto. Ma cretino per conto terzi no. Mi rifiuto.
Nel Palazzo di giustizia di Milano è accaduta una tragedia che è unica nella storia italiana e che è entrata, come statistica, nel novero degli eventi inevitabili. Si tratta di quei fatti che accadono perché chi ne è l’autore mette in atto un piano, folle per le conseguenze e talvolta per le cause. E si tratta di una iniziativa senza caratteristiche prevedibili.
Infatti, se l’obiettivo criminale è fino in fondo maturato, tanto da prevedere anche il proprio suicidio, non vi sono cautele che lo possano impedire. “Male che vada” l’assassino potrà raggiungere la sua vittima altrove, potrà articolare diversamente il proprio progetto omicida.
Oggi vediamo che l’Amministrazione della giustizia e i mass-media si rammaricano per la “falla” che ha consentito all’assassino di agire e vediamo che, magno cum gaudio, da ieri si controlla anche ogni avvocato che entra e tutto è tornato a posto…
Chiedo: è impensabile che un giudice coltivi intenti omicidi? E un cancelliere? E gli agenti della sicurezza? Toglieranno le armi anche a loro? O vi sono categorie trans-umane, per sopraggiunta pubblica funzione con toga o divisa, esenti da azioni “folli”?
I nuovi controlli, però, hanno messo a posto le coscienze: ora tutto funziona. Burocraticamente parlando.