La giornata della memoria e l’antifascismo oggi

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La giornata della memoria e l’antifascismo oggi

29 Gennaio 2015

Se non vogliamo disperdere la memoria della Shoah nelle dichiarazioni di rito bisogna rendere attuale una parola conservata nella nostra Costituzione: antifascismo. Negli ultimi decenni questa parola è stata monopolizzata dalla sinistra, tanto che si è arrivati a rovesciarne il significato trasformando Hamas e l’Hezbollah in vittime di Israele, giustificando i tagliagole dello Stato Islamico con la scusa dei vecchi e nuovi colonialismi.

Ma l’antifascismo non è sinonimo di un’ideologia politica: antifasciste furono le democrazie liberali che, dopo aver creduto di poter contenere il Nazismo, lo contrastarono in una guerra sanguinosissima che avrebbe portato alla scoperta dell’orrore dei campi di concentramento. Una guerra vinta anche se ancora bisogna fare i conti con il negazionismo e con le panzane sul “complotto sinarchista” che nella nostra epoca circolano in ogni angolo anche il più remoto del web.

A sinistra si usa spesso la parola “clericofascismo”, attaccando la Chiesa Cattolica ogni volta che si presenta l’occasione per farlo, ma si tace sull’islamofascismo, espressione che, secondo alcuni, rischierebbe di confondere le acque. Si può chiamarlo fondamentalismo o radicalismo islamico, jihadismo, islamismo o appunto islamofascismo, ma al di là degli appellativi resta il fatto che parliamo di un’ideologia che si serve dell’Islam per imporre una visione violenta attraverso forme di terrorismo, sovversione e insorgenza, con l’obiettivo di negare ogni libertà politica e religiosa.

Chi ha distorto l’idea del Jihad non uccide solo cristiani, ebrei e altre minoranze ma anche i musulmani di altre denominazioni considerati alla stregua di eretici. C’è un collegamento tra culti funebri come quelli praticati nell’Islamic State, nell’Hamastan o nell’Afghanistan talebano, e la storia europea del Novecento. L’idea stessa del moderno Califfato presuppone un impero totalitario con leader autoritari che esaltano la morte, il suicidio e la distruzione, che considerano la cultura una forma di decadenza, ostili alla modernità e nostalgici di un passato glorioso e perduto.

Ammalati di paranoia antisemita, misogini e sessualmente repressi, costoro sono convinti di essere migliori degli “infedeli” dalla cui “occintossicazione” bisogna difendersi, sottomettendoli. Le persecuzioni contro gli Yazidi e i Cristiani tra Siria, Iraq e Nigeria, o degli Hazara in Afghanistan, sono solo alcuni esempi di questa pulizia etnica. L’odio scientifico contro Israele e il progetto di estirpare la democrazia ebraica dalla faccia della terra è un pericolo attualissimo che rinsalda “ismi” vecchi e nuovi.

Antifascismo oggi vuol dire rileggere Albert Camus per sconfiggere il profeta Sayyid Qutb, come ha scritto Paul Berman in Terrore e Liberalismo. Vuol dire studiare l’islamizzazione dell’antisemitismo europeo tornando alla Harendt e a Bernard Lewis: l’antisemitismo come ideologia genocida che identifica gli ebrei come il male e chiama alla loro eliminazione.

Antifascismo oggi significa combattere un’ideologia che non apparteneva all’islam classico ma che si è radicata in Medioriente nel nazionalismo panarabo e nelle centrali del fondamentalismo religioso; un’ideologia che l’Europa ha saputo esportare nel mondo islamico molto meglio di quanto non sia riuscita a fare con la democrazia.