La moda del contropedale

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La moda del contropedale

11 Settembre 2007

Chiedono «Più bici, più caos, più libertà». Buona la prima, in linea di principio. E figuriamoci la terza istanza: anche se gira come una pedalata a vuoto, pronunciata così per l’aria. Di mezzo c’è quel disordine con la K variamente/vagamente definito, nel manifesto della Critical Mass-Massa critica italiana: «la coincidenza di un improvviso incontro», «una casualità nel pieno rispetto dell’entropia» (?), «un semplice appuntamento di ciclisti, che si ritrovano a percorrere tutti la stessa strada, magari lentamente, magari al centro della carreggiata, magari in una via solitamente trafficata, magari all’ora di punta». Magari in maniera molto poco urbana, appunto. Dimenticandosi delle norme del nuovo Codice della strada e nondimeno di quelle del vecchio, normale buon senso civico. Ma «la natura del nostro universo non può essere rinchiusa in corsie o in scatole di metallo», sostengono. E allora – magari al suono di un clacson – qualcuno risvegli i sognatori dalla loro buonanotte di divertimento e di tendenza, da San Francisco con furore ideologico, roba forte per un uso sovversivo della bicicletta, oh yeah.

La Critical Mass ripercorre vie anti-politiche battute e strabattute anche nel recente passato, e da contestatori di varia estrazione e provenienza: lo spontaneismo e l’organizzazione dei raduni, la strumentalizzazione di temi e significati, l’iconizzazione degli oggetti (nel caso, le due ruote da città, e guai se a motore). Il veicolo, inforcato con gli occhiali di una visione «altra» del mondo, condurrebbe al raggiungimento di un perfetto equilibrio tra l’uomo e l’ambiente, liberati una volta per tutte dalle catene (di montaggio) dell’automobile. Ora e sempre resistenza, allora, a tutte le macchine che intasano le metropoli e inquinano l’atmosfera. All’arrembaggio d’ignari guidatori e anonimi pedoni, come da autentici pirati della strada: occupando con le K la carreggiata, in ostruzione al regolare deflusso di chi è in transito. L’operazione – va detto – ha la sua efficacia spettacolare di evento di folla e di potere, per la realizzazione di un’utopia. Nella realtà, la messa in scena cade invece nel ridicolo, rovina in uno sciopero selvaggio, si arresta per il solito sit-in.

Il prossimo 25 settembre la Massa critica fa quindici anni d’attività, se così si può dire. Dalla California dei radical chic, la moda del contropedale ha poi raggiunto altre sedi di tappa, percorrendo in lungo e il largo anche l’Europa. Ultimamente si segnalano anche i primi, timidi ingorghi da Critical Mass all’italiana, con traffico (temporaneamente) bloccato a Roma, Milano, Torino, Catania. Capita più spesso di venerdì sera, in orario dopolavoristico. Sempre nella Capitale, lo scorso maggio, si è infine tenuto un celebrato Assembramento internazionale. Citatissimo dai partecipanti il sindaco Veltroni: «La bicicletta è il mezzo di trasporto più moderno. È veloce, non inquina, consente di salutare il prossimo e permette di vivere la città in un altro modo». Meglio aggiungere: nel rispetto delle regole e di tutti i cittadini che, con qualsiasi mezzo consentito, la percorrono velocemente e modernamente, per quanto riescono. Persino in motociclo, in autovettura o in autocarro. Al proposito, Beppe Grillo non ha tutti i torti: «C’è un Movimento che va aiutato a crescere». Agli eterni adolescenti della Critical Mass si forniscano presto biciclette da uomo e da donna. Il tempo passa per tutti.