La Moratti e Ligresti fanno pace anche se a Milano non è più facile parlarsi
28 Settembre 2009
Le ultime notizie che provengono dalle cronache meneghine di varie gazzette danno per ricomposti i rapporti tra Salvatore Ligresti e Letizia Moratti. In effetti sin dall’inizio il tutto appariva essenzialmente una tempesta in un bicchiere d’acqua: da una parte l’imprenditore un po’ scocciato perché alcuni suoi interventi immobiliari venivano più o meno disturbati. Dall’altra il sindaco preoccupato di difendere la sua amministrazione. E’ evidente come vi sia stata tanta esagerazione nella descrizione della querelle, pur non priva di qualche asprezza. La vicenda comunque insegna alcune cose su quel che sta capitando a Milano. In particolare aiuta a capire come vi sia una qualche difficoltà della città a raccontarsi.
Una parte della vicenda della “confrontation” di cui si scrive, nasce dagli sviluppi del “piano di governo del territorio” (lo strumento che sostituisce l’antico “piano regolatore”) presentato dall’assessore all’urbanistica Carlo Masseroli. Con Masseroli hanno lavorato docenti e ricercatori del Politecnico giovani e di valore, che conoscevano bene le esperienze europee sul tema e hanno proposto alla città un “piano” agile e intelligente, mirato a obiettivi concreti: richiamare abitanti dentro le mura milanesi (scelta indispensabile per tagliare le seicento-settecento mila auto che ogni giorno entrano nella città di Ambrogio), apprestare decisivi interventi per residenze di ceti medi-bassi, connettere interventi urbanistici e trasportistici, dare un senso alle ristrutturazioni con modificazione delle destinazione di uso storico ancora da compiere (edifici pubblici, sistema ferroviario in dismissione, ultime zone industriali, vecchi edifici fatiscenti da abbattere e ricostruire), creare nuove aree di verde attrezzato. Il tutto con il massimo di flessibilità e attenzione anche per gli interessi economici in ballo.
Nonostante molte uscite pubbliche dell’assessore non c’è stato, però, una vera discussione pubblica sul progetto, innanzi tutto per difetti dell’amministrazione, della sua “cultura di governo” e del suo approccio pubblico. Le reazioni di Ligresti paiono per un certo verso più quelle di una persona sorpresa che certe sue esigenze siano state trascurate e non accettate automaticamente, che di uno irritato da scelte precise. Da un certo punto di vista Ligresti si considera (e in parte è) ormai – in difficoltà la Pirelli Real Estate, scomparsi tutti gli immobiliaristi d’assalto con la caduta anche di Luigi Zunino, in ritirata i capitali stranieri – l’unica risorsa disponibile per promuovere nuove grandi iniziative. Se si ragiona sul fatto che alle ultime elezioni municipali, poi, Ligresti contava non solo su un ottimo rapporto con la Moratti ma anche sul candidato della sinistra Bruno Ferrante, che non per nulla dopo il voto diventò manager di una società partecipata dall’“ingegnere”, si ha la misura dello stupore per i fastidi improvvisi che gli è toccato subire (alcune promesse non mantenute o ridimensionate dal pgt, interventi intorno all’ippodromo bloccati, un paio di cascine il cui uso non potrà essere modificato).
Eppure anche l’ingegnere di Paternò si deve rendere conto come Milano sia una città repubblicana che non ammette monarchie: il consenso va costruito con il confronto, non dato per scontato. Negli anni Ottanta l’imprenditore siciliano aveva grande consapevolezza di questa necessità e interloquiva con la mente più brillante dell’urbanistica milanese, Andrea Balzani (ahimé scomparso). Oggi ha trascurato questo impegno. Però non è solo colpa sua. L’ottimo Masseroli ha difficoltà a raccontarsi. Non parliamo dell’impacciata Moratti. La stampa non aiuta a capire. Arrivando a situazioni paradossali come quella della Repubblica che per mesi ha spiegato come Masseroli fosse l’uomo di Ligresti e volesse cementificare Milano. Mentre negli ultimi tempi ha sostenuto che Masseroli è l’uomo del verde, l’unico che può contrastare il cementificatore Ligresti. Il povero Masseroli si è trovato così a passare da oberfuerer delle Ss a capo della Resistenza in un battibaleno. Certo, con una stampa così, capisco che a imprenditori e amministratori passi la voglia di raccontarsi.