La politica di Tatarella non aveva a che fare con gli intrighi di Palazzo di Fli
08 Febbraio 2011
Ieri sera a Bari, a Villa Romanazzi, è andata in scena la seconda parte delle celebrazioni dedicate alla memoria di Pinuccio Tatarella, forse l’ultimo grande statista di questa Regione. La prima parte è stata quella di domenica, al Terminal crociere del Porto di Bari – la splendida struttura voluta dall’indimenticato sindaco Simeone Di Cagno Abbrescia, che ha rilanciato il turismo in città – organizzata dal Pdl, con grande partecipazione di pubblico e con gli interventi di Maurizio Gasparri e Ignazio La Russa. La seconda parte, invece, è stata organizzata principalmente da Fli e presentata come un confronto con le opposizioni nazionali e il governo locale all’insegna, così di è detto, di “una politica diversa”.
Si comprende molto in queste occasioni di scambio e di confronto. A parte la competizione alquanto sterile fatta di “facce” intervenute è importante annusare l’aria, capire quello che non va, gli sguardi e le cose non dette. Del resto, Tatarella aveva un fiuto eccezionale per la politica, una visione alta e lontana. Lui, un’occasione di confronto del genere, non se la sarebbe mai fatta scappare. E infatti l’occasione è stata propizia e significativa per chi aveva intenzione di leggere tra le righe dell’avvenimento.
È mancato all’ultimo momento il presidente della Regione Nichi Vendola che, evidentemente, non se l’è proprio sentita di andare a prendere applausi da quelli che erano stati i nemici giurati di tutta una vita. È invece intervenuto il sindaco di Bari, Michele Emiliano, che com’è suo costume ha subito occupato la scena ed oscurato addirittura la figura di Italo Bocchino. L’intervento del sindaco di Bari si è incentrato sulla “popolarità” sua e del compianto Pinuccio, la capacità di farsi capire dalla gente più umile e di non dimenticare mai nessuno. In sostanza, si è candidato come successore barese di Pinuccio Tatarella, tra lo sbigottimento generale degli intervenuti.
Quanto ad Italo Bocchino a un certo punto, raccontando aneddoti della sua vicinanza con Tatarella, ha svelato, con imbarazzante ingenuità, la strategia finiana alla base dello strappo di Fli. Ha infatti raccontato di come si arrivò alla candidatura di Fini alle Comunali di Roma del 1993. In sostanza – ha spiegato il capogruppo di Fli – allora si percepiva nell’aria lo sgretolamento del sistema di potere costruito da Dc e Psi nel pentapartito (e determinato da una vicenda epocale quale la fine del comunismo reale e il crollo del muro di Berlino). Ebbene, in quella fase storica Tatarella avrebbe detto a Bocchino che il Msi doveva fare da "bacinella". Ovvero trovarsi al posto giusto nel momento giusto per contenere i voti che sarebbero fuoriusciti dalla damigiana Dc. L’ex vice capogruppo vicario del Pdl alla Camera ha raccontato una storia di diciotto anni fa, ma il tentativo di creare un’analogia in salsa fininana con gli eventi moderni è a dir poco lampante. Insomma, il partito di Fini vorrebbe essere la "bacinella" in grado di raccogliere i voti della "damigiana" Pdl. Stanno scommettendo (ed operando concretamente) sulla fine del berlusconismo per poi raccogliere i cocci.
Ma lo scolaretto Bocchino crede di aver imparato la lezione dal grande statista e la ripropone senza tener conto del contesto completamente differente. L’Msi non era mai stato al Governo con la Dc. Ha fatto da bacinella perché non era compromesso con l’assetto di potere che si stava avviando al crollo. Futuro e Libertà, invece, è stato al governo con il Pdl fino a ieri. E ancora oggi, in molte realtà locali, continua a sedere dalla stessa parte. Ma, soprattutto, Berlusconi è stato eletto direttamente dagli italiani e gode ancora di grande fiducia nel Paese. Ha costruito dietro di sé una classe dirigente valida, giovane ed efficace, in grado di prenderne il testimone. Ha unificato l’elettorato di centrodestra, che ha ritrovato una nuova identità. Non è un rappresentante di un sistema autoreferenziale e fondato solo su blocchi contrapposti. Il crollo su cui i finiani fanno affidamento, quindi, non può verificarsi. Altrettanto irrealistica e infondata risulta, del resto, questa versione finiana della strategia della "bacinella", che Fli vorrebbe impiegare a suo pro appropriandosene indebitamente e travisandone consapevolmente gli scopi di fondo.
Ecco, quindi, che sta alla dirigenza del Pdl dimostrare che si può e si vuole continuare a fare una politica seria, consolidando il legame con il popolo, la propria identità, il rapporto con i territori e con gli alleati, e presentando una squadra nuova, efficace ed efficiente, in grado di dare un futuro diverso ai giovani disoccupati, alle famiglie ed alle imprese in difficoltà. E’ necessario battere coloro che scommettono sulle difficoltà della nostra Patria e che vorrebbero tornare al potere in modo autoreferenziale, come si era abituati a fare nella Prima Repubblica.