La scuola pubblica non rischia solo a Adro

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La scuola pubblica non rischia solo a Adro

21 Settembre 2010

Chiariamolo subito: a noi quel che è successo ad Adro non piace. E non tanto per le premesse dell’accaduto. Per il fatto, cioè, che una comunità abbia dovuto finanziarsi una scuola, supplendo alle carenze dello Stato, quanto piuttosto perché la scuola, il luogo di formazione dei nostri giovani e dei cittadini, è dovuta diventare – ancora una volta – il luogo dello scontro politico, la polemica giornalistica, l’agone su cui si misurano le forze tra partiti nel nostro paese.

Non che questo non sia accaduto cento, mille volte nel passato. Non è necessario rievocare le intestazioni dei luoghi e le apposizioni dei simboli per ricordarcene. Non è forse altrettanto grave che da molte cattedre scolastiche si professino quotidianamente lezioni politiche, che ci si faccia interpreti di un pensiero unico e dominante, non è forse grave professori possono decidere di togliere i crocefissi dalle classi o di non festeggiare il Natale?

Con questo non stiamo dicendo che i simboli non contano, e che non debbano contare. Che cosa diremmo se in un paesino dell’entroterra latinense una comunità finanziasse la sua scuola, tappezzandola di fasci littori, che sono ancora emblematicamente il simbolo rievocativo della fondazione di Latina? Che cosa accadrebbe se una scuola privata, di qualunque tradizione essa sia, esponesse dei simboli che rievocano un’appartenenza particolaristica e non quella di tutto il paese? Non possiamo non essere d’accordo con tutti coloro che in queste settimane hanno gridato allo scandalo e richiesto la rimozione di quei simboli.

Eppure, qualcosa di buono resta dalle  polemiche di Adro. Ed è anche questo simbolico e rievocativo: resta che anche se sdruciti, sbiaditi e mezzi rotti, i tricolori che sventolano all’uscita degli istituti scolastici continuano ad avere un senso e rinnovano il significato di quanto – tanto più a 150 anni dall’Unità d’Italia – la scuola ha significato per il nostro paese.

Che ha significato prima di tutto l’unificazione morale e materiale dell’Italia molto più della conquista e dei plebisciti. Che ha rappresentato il luogo d’eccellenza di formazione dei cittadini italiani. Laddove era possibile innanzi tutto imparare a leggere e a scrivere, facendo uscire dallo stato di minorità dell’analfabetismo milioni di persone. Che ha garantito  e garantisce la diffusione una lingua comune, di un idem sentire, di una cultura unica e condivisa. Quale luogo, come la scuola, ha consentito più di tutti di abbattere le barriere di classe, ha accomunato il povero al ricco, il nord al sud, i maschi alle femmine, ponendo su uno stesso piano e sotto uno stesso tetto tutti gli italiani? Che cosa, più della scuola, ha significato e significa il progresso sociale, l’integrazione dei nuovi arrivati, l’accoglienza di chi è diverso, di chi è in difficoltà?

A questo insieme di funzione educativa e solidarietà sociale della nostra scuola dovrebbe richiamare quanto è accaduto nel piccolo paese del bresciano. Due missioni che purtroppo troppo spesso si sono perse tra i corridoi degli istituti scolastici italiani (e non solo di Adro).