L’allarme di Draghi: “I salari perdono potere d’acquisto”

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L’allarme di Draghi: “I salari perdono potere d’acquisto”

01 Luglio 2008

I prezzi delle materie prime aumentano, i salari perdono potere d’acquisto e i risparmi sono minacciati. In questa situazione "il compito dei governi non è facile" ed è comprensibile il ritorno di spinte protezionistiche, ma la ricetta per risolvere gli squilibri globali non è quella di porre barriere al commercio. È l’allarme lanciato dal Governatore della Banca d’Italia, Mario Draghi.

Draghi ha parlato in occasione della conferenza internazionale su i rapporti tra Italia e Usa organizzata dall’Aspen Institute Italia.

Il numero uno di Bankitalia lancia l’ennesimo allarme sui prezzi delle materie prime essenziali. Dopo i dati di maggio infatti, ecco che dall’Istat ieri sono giunti quelli per giugno. Il tasso d’inflazione registrato nel mese appena trascorso per l’Italia è pari al 3,8%, il più elevato dal luglio 1996. Insomma, i costi crescono, mentre stipendi e salari perdono potere d’acquisto e Draghi parla di vera e propria "minaccia" alla tranquillità dei risparmi. Il Governatore non nasconde, infatti, che "i frutti dell’economia mondializzata si sono distribuiti in modo diseguale tra i diversi gruppi sociali" e che "le opinioni pubbliche sono frastornate da un mondo confuso".

"Nella crisi si cerca una certa rassicurazione", continua il numero uno di via Nazionale secondo cui, "sia nei Paesi avanzati sia in quelli emergenti, le opinioni pubbliche sono disilluse e allarmate dalla globalizzazione". In questo contesto il Governatore della Banca d’Italia sa benissimo che "i Governi riscoprano il valore di formule protezionistiche. La libertà dei commerci può sembrare un rischio, il protezionismo un ristoro".

Draghi però avverte che "un problema di distribuzione del reddito non si risolve inaridendo una delle fonti più importanti del reddito stesso". "I più importanti Paesi emergenti, che hanno enormemente beneficiato del processo di integrazione internazionale – spiega Draghi – dovrebbero assumere impegni più sostanziali di apertura dei loro mercati e accettare regole internazionali più cogenti".

Per il numero uno di Bankitalia è, infatti, difficile immaginare che "i partners transatlantici non siano in grado di trovare un compromesso che comporti una riduzione bilanciata delle barriere tariffarie alle importazioni in Europa e dei sussidi ai produttori nazionali negli Stati Uniti".