Le carte segrete del Papa dimostrano che sull’affare Boffo abbiamo sempre avuto ragione

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Le carte segrete del Papa dimostrano che sull’affare Boffo abbiamo sempre avuto ragione

19 Maggio 2012

Dello sconcertante profluvio di lettere privatissime uscite addirittura dall’appartamento papale fa parte anche un fax inviato da Dino Boffo al Presidente della CEI Card. Bagnasco, anticipato ieri da Il Fatto.
L’interpretazione che ne è stata data, però, è fuorviante, tipica di chi non conosce o non capisce – o non vuole conoscere e capire – la Chiesa e il suo popolo. 

Il Fatto legge quel testo come un messaggio minaccioso al Cardinale: “Boffo a Bagnasco: “se parlo io” – poco dopo arriva la sua nomina”, sintetizza il titolo. Ma di tutto si tratta, tranne che di minacce.

Lo spunto che spinge Boffo a scrivere è un articolo di Marco Travaglio su Il Fatto, del 2 settembre 2010. Il giornalista gli chiede di chiarire i suoi comportamenti: l’ex direttore di Avvenire non ha reso pubbliche le carte della querelle giudiziaria all’origine di tutta la faccenda e non intende denunciare Feltri, che ha pubblicato la famosa falsa “informativa” spacciandola per autentica. A Travaglio tutto questo pare strano, e vuole spiegazioni pubbliche.

Boffo invece si rivolge direttamente e privatamente al Presidente della CEI (fino a poco tempo prima suo editore), spiegando quali sono le sue perplessità nel rispondere pubblicamente, decifrandogli  i codici di comunicazione dei media, e proponendo una via d’uscita.

Boffo, in altre parole, continua a fare il suo mestiere di Direttore di giornale, mediando tra il mondo e la Chiesa, e offrendo una chiave di lettura, da esperto, dei retroscena e dei messaggi impliciti che passano attraverso gli articoli.

Innanzitutto Boffo spiega al Cardinale chi è Marco Travaglio. Marco Lillo, che firma l’articolo del Fatto di ieri, commenta sarcastico: ”Boffo evidentemente, pensa che Bagnasco non veda Anno Zero”.
Ma forse al Fatto non sanno che il pianeta Terra non gira intorno ad Anno Zero e neppure intorno a Travaglio. Solo una grande presunzione, o una visione limitata al proprio ombelico, può far pensare che il mondo, e la Chiesa, siano appesi a una trasmissione televisiva o a un manipolo di giornalisti, pur bravi a catturare l’attenzione.

Forse al Fatto (ma non solo loro) non riescono neppure ad immaginare che chi ha la responsabilità di guidare la Chiesa, pur informandosi, ovviamente, di tutto quel che accade, ha altre occupazioni e priorità, tratta di faccende essenziali che magari non vanno sui giornali, come per esempio accompagnare la vita della propria gente, amministrare sacramenti, governare parrocchie e diocesi: in una parola, prendersi cura del popolo, e non solo di quello cristiano. Forse al Fatto – come pure in molti altri giornali – non si rendono conto di cosa questo significhi, abituati come sono a leggere tutto con le lenti del politicismo quotidiano, che spesso parla solo agli addetti ai lavori.

Entrando nell’ottica di un’ appartenenza profonda alla Chiesa si può maggiormente comprendere il senso di quel fax. Dino Boffo si chiede cosa sia meglio, per il bene della Chiesa tutta, di cui lui fa parte e si sente parte: rilasciare interviste, rendere pubblici gli atti del Tribunale sulla questione che lo hanno riguardato, oppure continuare a tacere, e cercare un altro modo per abbassare la tensione mediatica?
Boffo sceglie il silenzio, e pensare che la ricompensa per questo sia stata, da parte del Presidente della CEI, la direzione di TV2000, farebbe veramente ridere, se non fosse patetico.

E’ chiaro dallo stesso fax pubblicato che dopo le sue dimissioni dal quotidiano della CEI, avrebbe potuto accettare contratti importanti e molto ben retribuiti con giornali prestigiosi.

Insomma: Boffo sarebbe potuto diventare commentatore di un grande quotidiano nazionale, laico e antiberlusconiano, espressione del “salotto buono” dei poteri forti, quelli veri: avrebbe avuto grande  autonomia e visibilità, e chiaramente pure la soddisfazione di togliersi qualche buon sassolino dalle scarpe (per esempio sparare a zero contro Berlusconi e i suoi giornali).

Ma Boffo nella sua missiva al Card. Bagnasco chiede solo un gesto pubblico che, in qualche modo, faccia capire bene ai suoi accusatori che la Chiesa non l’ha lasciato solo, e fa questa richiesta per spegnere le polemiche che coinvolgono lui e con lui la Chiesa. Questi passi espliciti il Card. Bagnasco già li ha fatti, e Boffo lo ricorda, ma spiega che per “raffreddare il clima” adesso serve altro, e propone di rendere pubblica la notizia di un suo prossimo contratto con il quotidiano La Stampa.

Non domanda niente per sé alla CEI. Vuole solo che la sua persona non sia il pretesto per un continuo attacco alla Chiesa. Per questo la sua amara ricostruzione della vicenda in cui è stato coinvolto non l’ha mai fatta pubblicamente, in un’intervista, come avrebbe ben potuto: la ratio con cui si è mosso è sempre stata il bene della Chiesa, innanzitutto.

La nomina a TV2000 (che dirigeva già da prima e da cui si era dimesso) è stata quindi un gesto della CEI per mostrare la stima immutata per Dino Boffo, e per poter avere la possibilità che una persona preziosa come lui continuasse a lavorare in quella che è la sua casa, cioè la Chiesa italiana.

Dino Boffo, insomma, dalla pubblicazione di questo fax esce da re, e da vero cristiano.