Le morti grigie
03 Novembre 2008
di redazione
Le morti sul lavoro sono un capitolo tristissimo delle nostre cronache quotidiane. Vite strappate con la frequenza e l’ineluttabilità di un bollettino di guerra che non avrebbero bisogno di sovrammercati ideologici. Invece quasi sempre accade che la tragedia delle "morti bianche" diventi l’ultima bandiera della lotta di classe.
Vale dunque la pena ricordare l’ultimo incidente mortale, avvenuto in provincia di Bari. Michele Preziosi, socio di una cooperativa vinicola di Minervino Murgie, si accorge che qualcosa non va nella cisterna del mosto. Così senza esitare si cala nel contenitore e immediatamente perde i sensi. Corre in suo soccorso un operaio rumeno, ma anche lui, sopraffatto dalle esalazioni, sviene nella cisterna. Quando arrivano i soccorsi trovano in vita solo il giovane operaio, Preziosi era ormai morto.
Non vogliamo trarre conclusioni, ma intanto notiamo che questa notizia non è stata ripresa da giornali e tv con lo stesso sdegnato rilievo di quando accade l’inverso: l’operaio muore e il "padrone" no. Questa volta lo schema della narrazione prevalente si è come infranto: è l’imprenditore che si sacrifica per primo, è lui che affronta il rischio senza pensare alle conseguenze, e se c’è qualche irregolarità nelle norme di sicurezza, è lui che paga il prezzo.
Episodi di questo genere vanno tenuti a mente quando le cronache tornano ad essere squillanti di retorica anti-padronale. La realtà delle morti bianche in italia, vista in controluce, è molto spesso simile ad un intreccio strettissimo tra piccoli imprenditori e operai che mettono a rischio le loro vite senza distinzioni di classe ma con un profondo senso di comunanza di destini.
Si tratta di una realtà tragica che però non si risolve pensando che le colpe siano da una parte sola e siano frutto della sfrenata sete di profitto e del disprezzo per chi lavora. I media illuminano le morti bianche di una luce sola, invece andrebbero lette in chiaro-scuro e allora forse apparirebbero un po’ più grigie.