Lodo Alfano. Stallo in commissione, lo scontro sarà in aula al Senato
24 Ottobre 2010
di redazione
Al Senato, il vero confronto sul Lodo Alfano potrà avvenire, molto probabilmente, soltanto in Aula. Nella commissione Affari Costituzionali di Palazzo Madama, infatti, i senatori favorevoli alla reiterabilità dello "scudo" e quelli contrari sono in sostanziale parità: 13 a 13. Aghi della bilancia, ancora una volta, i senatori di Fli, Maurizio Saia, e dell’Mpa, Franco Pistorio.
I parlamentari del centrodestra sono in tutto 13: 11 del Pdl più 2 della Lega. Per l’opposizione, invece, si contano 9 esponenti del Pd, uno dell’Idv e uno dell’Udc-Minoranze linguistiche. Se a questi ultimi, si aggiungessero anche Saia e Pistorio, la parità sarebbe raggiunta, perchè si troverebbero 13 contro 13. Ma, al Senato, il verdetto di parità significa voto contrario. In queste condizioni, sarebbe difficile far passare gli emendamenti sulla reiterabilità. Ma sarebbe ancora più difficile, almeno a giudicare da quanto ribadito ieri dal presidente della Camera, Gianfranco Fini ("no a reiterabilità sarebbe una legge ad personam"), far passare l’intero provvedimento senza che vi sia stata introdotta la norma che vieta al presidente del Consiglio e al capo dello Stato di avvalersi dello ‘scudo giudiziariò per più di una volta.
Così, si spiega anche nel Pdl, è molto probabile che il termine per la presentazione degli emendamenti non si riapra in commissione, come ipotizzato anche ieri dal capogruppo Maurizio Gasparri («di fronte a un evento eccezionale come la lettera del presidente della Repubblica le questioni procedurali diventano secondarie»), ma che si vada direttamente in Aula dove il centrodestra può contare su numeri più ampi (161 Pdl e Lega contro i 148 di Pd-Idv-Udc e Fli senza contare i 12 del Misto). L’ipotesi più plausibile, si osserva sempre nel centrodestra, è che si vada in Aula senza aver dato il mandato al relatore. Senza, cioè, che ci sia stato il voto finale del ddl e che si sia concluso l’esame degli emendamenti. Se infatti tutti i senatori dell’opposizione si mettessero in commissione a fare ostruzionismo "potremmo impiegarci anche due anni a esaminare il ddl", si ironizza con amarezza nel Pdl. Ma teoria e realtà potrebbero non coincidere, perché in commissione le assenze del centrosinistra sono "davvero numerose".
Da quando è cominciato l’esame del Lodo, assicurano componenti della commissione, "il massimo delle presenze nelle opposizioni è stato di 8/9 senatori". E così, osservano, "non si va da nessuna parte". Ma se Pd, Idv, e Udc assicurassero la loro presenza in massa e se Fli ed Mpa votassero con loro sarebbe la paralisi del provvedimento. Il tutto, dando per scontato che il presidente della commissione, Carlo Vizzini, voti (ma per prassi i presidenti non votano). Martedì, così, si continueranno a votare le proposte di modifica, ma l’impasse sembra ormai inevitabile. Tanto che il Pdl ha convocato per il giorno dopo una riunione di vertice per decidere il da farsi. Strategia parlamentare a parte, la polemica politica non si placa.
Il segretario Pd Pierluigi Bersani ribadisce che il referendum confermativo "spazzerà via" il provvedimento, quindi "di che si sta parlando?". Mentre il capogruppo Idv alla Camera, Massimo Donadi, solleva una questione tecnica non irrilevante: "In una Repubblica parlamentare il presidente del Consiglio non è un’istituzione dello Stato (in ogni momento è sostituibile dal Parlamento) e quindi non ha senso uno scudo costituzionale per garantirne le funzioni". Il leader Udc Pier Ferdinando Casini, intanto, avverte: il "macigno della reiterabilità" va rimosso.
Sul fronte dei finiani, il capogruppo alla Camera Italo Bocchino respinge ogni critica ("il voltafaccia non è nostro, ma loro che hanno inserito la possibilità di reiterare lo scudo"), mentre Maurizio Saia annuncia emendamenti per impedire che il beneficio venga concesso più volte. Il fatto, interviene Carmelo Briguglio, è che Fli non può più fare "il donatore di sangue" a favore di Berlusconi, pena "entrare in contraddizione" col proprio progetto politico.