L’Unione petrolifera: “A rischio chiusura un terzo raffinerie italiane”

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L’Unione petrolifera: “A rischio chiusura un terzo raffinerie italiane”

02 Febbraio 2010

Nei prossimi anni potrebbero chiudere 4-5 raffinerie delle 16 attualmente in funzione. L’allarme è stato lanciato dal presidente dell’Unione petrolifera, Pasquale De Vita, nel corso della presentazione del consuntivo petrolifero 2009. “Negli ultimi anni la raffinazione ha perso 15 milioni di tonnellate su 85-90 milioni. Se verrà applicato il sistema Europeo del 20-20-20 si rischia di perderne altri 10 milioni di tonnellate. Se ci attesteremo su quantità pari a 60 milioni di tonnellate, 4-5 raffinerie italiane risulterebbero di troppo. Insomma quasi un terzo degli impianti esistenti è a rischio chiusura e quelli che rimangono avranno bisogno di risorse ingenti per la ristrutturazione” dice il capo dell’Unione petrolifera Pasquale De Vita che prova a fare due conti: in ogni raffineria lavorano 4-500 persone e circa 1500 nell’indotto. L’operazione moltiplicando per 4-5 impianti è presto fatta.

“I consumi di prodotti petroliferi – sottolinea De Vita – stanno scendendo per quel che riguarda la nostra area e l’export diventa più difficile con la crisi che ha portato ad una riduzione del nostro sistema nel mercato internazionale. Di questo dovremmo occuparci e cioè di un piano per sostenere e difendere il sistema petrolifero italiano ed eventualmente eliminare ciò che è di troppo, piuttosto che delle polemiche sul centesimo di aumento dei prezzi. Polemiche che non stanno in cielo né in terre e infatti attendiamo ancora i dati dalle associazioni dei consumatori che lanciano questi allarmi”. “Il sistema è già entrato in crisi e lo dimostra l’esempio dello stabilimento di Falconara che ha ridotto 100 unità di personale”, insiste De Vita che sottolinea la concorrenza spietata sul fronte della raffinazione dei Paesi dell’estremo oriente “esenti da vincoli ambientali, dal sistema dell’emission trading e dai vincoli di Kyoto che non hanno mai sottoscritto”.

E con timore si guarda anche al rinnovo del parco auto negli Stati Uniti che attualmente assorbe 9 milioni di barili al giorno di benzina. “Se il parco auto venisse adattato all’uso della 500, voglio dire ad auto con cilindrata nettamente inferiore alle abitudini americane, verrebbe cancellato il 25 per cento della domanda di benzina”. E se i consumi scendono e l’export è sempre più difficile anche a fronte della concorrenza di Paesi, come l’Arabia Saudita che si preparano a sbarcare sul mercato anche con prodotti finiti, i petrolieri chiedono al governo sostegno: “Non siamo o non siamo più la gallina dalle uova d’oro: abbiamo bisogno di regole ambientali più semplici o comunque non aggravate rispetto a quelle di altri Paesi europei”. Poi c’è il tema delle bonifiche che restano un costo, anche nel caso della chiusura delle raffinerie“ e che va affrontato perché occorrono grandi investimenti in un settore che comunque va scemando”.