Ma ve li immaginate i Cesaroni che parlano lumbard?
12 Agosto 2009
di redazione
Ma ve lo immaginate Ezio Masetti dei Cesaroni che parla in lumbard? O l’ultimo episodio del Commissario Montalbano tradotto in veneto e in bergamasco? Noi non ci perderemmo neanche un episodio di “Un medico in famiglia” interpretato in marchigiano, soprattutto quando a recitare è Lino Banfi. Di sicuro farebbe ridere molto di più che nella lingua madre pugliese. Eppure a pensarci bene le complicazioni non mancherebbero. Banfi dovrebbe prendere la parlata marchigiana della zona di Ascoli Piceno o dell’urbinate? Difficile stabilirlo. Come si aprirebbe una specie di questione regionale nel dover scegliere tra l’umbro di Perugia e quello di Terni. Del resto, anche il cuore verde d’Italia ha la sua dignità, storicamente schiacciata tra il purismo toscano e l’accattivante romanesco, l’orgoglio umbro se stuzzicato a dovere potrebbe dar seguito a brutti scherzi. Perché si sa: quando dal nazionale si passa al locale ognuno ci tiene a dire la sua e a vendicare l’onore del proprio campanile.
Ci auguriamo che quella del ministro Zaia di ieri: “mandare in onda le fiction di grande ascolto in dialetto con i sottotitoli, oppure per chi ha la televisione in digitale, di aggiungere al canale audio anche la versione dialettale”, sia stata solo una boutade estiva, dovuta al caldo e a un po’ di desiderio di visibilità mediatica (proprio ieri Zaia aveva rilanciato anche su “stipendi più alti per i dipendenti pubblici del nord”). Ma se così non fosse, forse sarebbe il caso che la Lega cominciasse ad interrogarsi anche su un altro aspetto di questa grottesca questione: come mai non c’è uno, neanche uno sceneggiato televisivo che racconti la realtà del Nord, che rievochi storie milanesi o veneziane o torinesi. Che faccia ridere, pensare o sognare in “nordico”, che abbia un qualche appeal televisivo o letterario tale da meritare un posto in prima serata nei principali canali televisivi, siano esse romacentrici, come la Rai, o milanocentrici, come Mediaset. E se anche a scavare con la memoria nel passato qualcosa si tira fuori (si contano sulle dita di una mano quelli che ricordano “Nebbie e delitti”, interpretata in piena Padania da Luca Barbareschi…) non si può dire che abbiano scalfito con riprese di fuoco l’immaginario collettivo del nostro paese.
Non abbiamo nulla contro la Lega, i suoi rappresentanti o le provocazioni che lancia anche solo per rialzare la posta politica in vista della ripresa autunnale, ma a sparare troppo in alto si finisce per cadere nel ridicolo. Per una volta concordiamo con Francesco Storace, che proprio oggi ha dichiarato: sarebbe meglio che il ministro Zaia tornasse ad occuparsi di agricoltura. Avrebbe molto di cui esternare sui suoi temi. Purché non ci chieda di imparare in quattro dialetti diversi il nome delle zucchine e dei peperoni.