Mafia. Sequestrati beni per un valore di 500mila euro a boss palermitano

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Mafia. Sequestrati beni per un valore di 500mila euro a boss palermitano

22 Gennaio 2011

Beni per un valore complessivo di 500mila euro sono stati sequestrati a Palermo a Giuseppe Pecoraro, 44 anni, ritenuto dagli inquirenti appartenente alla cosca mafiosa di Carini (Palermo) e responsabile dell’occultamento del cadavere di Giovanni Bonanno, reggente del mandamento di Resuttana, scomparso con il metodo della lupara bianca 11 gennaio del 2006.

Il Tribunale di Palermo – Sezione Misure di Prevenzione – accogliendo la proposta avanzata dal Questore ha emesso il decreto di sequestro. L’indagine è stata condotta dagli investigatori della sezione Patrimoniale dell’ufficio Misure di prevenzione ed ha permesso di individuare e successivamente sequestrare un cospicuo patrimonio, costituito da una lussuosa villa a Carini, due ampi appezzamenti di terreno, una impresa di movimento terra e rapporti bancari per un valore complessivo di circa 500.000 euro.

Il coinvolgimento di Pecoraro negli ambienti della criminalità organizzata è emerso nel corso delle indagini condotte dalla Squadra Mobile di Palermo per la cattura dei boss Lo Piccolo. Nel febbraio del 2009 il gup del Tribunale di Palermo ha emesso una sentenza di condanna a suo carico per partecipazione ad associazione mafiosa ed occultamento di cadavere. Per l’omicidio di Giovanni Bonanno nel giugno del 2007 il gip del Tribunale di Palermo ha emesso un’ordinanza di custodia cautelare in carcere a carico di Salvatore Lo Piccolo, Diego Di Trapani, Antonino Cinà e Antonino Rotolo.

Un decisivo contributo alle indagini, finalizzate all’individuazione di tutti i responsabili dell’omicidio e soprattutto al ritrovamento del cadavere, è stato fornito dal collaboratore di giustizia Gaspare Pulizzi, che ha fornito agli investigatori elementi utili anche a determinare il ruolo ricoperto da Pecoraro all’interno della famiglia mafiosa di Carini e le sue responsabilità nell’occultamento del cadavere di Bonanno. E proprio durante un sopralluogo nel terreno a Villagrazia di Carini, nel palermitano, in cui Pulizzi aveva riferito di aver seppellito insieme a Pecoraro il cadavere del reggente di Resuttana, gli agenti hanno trovato Pecoraro intento a manovrareun grosso escavatore. Probabilmente nel tentativo di spostare il corpo senza vita dopo l’avvio della collaborazione di Pulizzi.

"Gli accertamenti svolti nell’immediatezza dei fatti, corroborati ed incrociati ad una serie di ulteriori indicazioni emerse nell’ambito dell’esame di alcuni pizzini, sequestrati nel corso dell’operazione che aveva portato all’arresto dei Lo Piccolo – dicono gli investigatori – oltre alle dichiarazioni rese da Gaspare Pulizzi e da Francesco Franzese, hanno consentito di ricostruire e determinare un quadro indiziario di notevole valenza probatoria". Le indagini hanno permesso di accertare come, preoccupato dalla collaborazione di Pulizzi con la giustizia, Pecoraro, una settimana prima del suo arresto, aveva stipulato una serie di atti notarili adottando la separazione dei beni, trasferendo le quote societarie dell’impresa di movimento terra di sua pertinenza al cognato, nominando, infine, la moglie sua procuratrice generale affinchè in nome e per conto dello stesso avesse la possibilità di compiere qualsiasi atto di amministrazione ordinaria e straordinaria e di disposizione relativamente a tutti i beni mobili ed immobili, attualmente di sua proprietà.