Napolitano aiuta il Cav. ad aiutarsi, ma il premier ci deve mettere del suo
02 Novembre 2011
di redazione
Giorgio Napolitano è stato sufficientemente chiaro con la sua nota di ieri. Ha detto in sostanza a Berlusconi: aiutami ad aiutarti. Il presidente della Repubblica infatti ha nel suo orizzonte la situazione internazionale ben più che quella interna e questo lo tiene lontano da trame e tentazioni che ribollono ai margini della politica.
Ma per lo stesso motivo Napolitano sa che il tempo a sua disposizione è finito: è almeno dallo scorso 14 dicembre – la rottura di Fini – che il Quirinale sta facendo il possibile per tenere Berlusconi in sella. Ora è il presidente del Consiglio che deve trovare la voglia e l’energia di aiutare se stesso e il suo governo.
La nota di ieri offriva al governo in carica un’alternativa secca: portare al più presto in Parlamento un pacchetto di misure ricalcate sulla lettera di Berlusconi alla Ue con la garanzia quirinalizia che anche le opposizioni avrebbero contribuito alla sua approvazione; oppure in caso di stallo, di disaccordo nella maggioranza e in particolar con Tremonti, passare la mano a un governo di larghe intese che avesse quella stessa lettera come programma di fine legislatura. Una prospettiva che Napolitano ha fatto intendere come già in via di formazione.
Sta dunque a Berlusconi stoppare questa eventualità facendo subito quello che è necessario e la fortissima pressione del Colle ancora una volta lo aiuta. Non c’è molto da tergiversare, basta mettere a lavoro un gruppo di sherpa ministeriali con il compito di trasformare in una serie di decreti gli impegni della lettera alla Ue e portarli in Parlamento per il voto di fiducia. Se Berlusconi ci riesce può pilotare il paese fuori dall’emergenza fino al 2013, se non ci riesce o neppure ci prova o cede ai suoi avversari interni, allora la strada della crisi è segnata.
Non si tratta di cedere ad un supposto commissariamento europeo: questa è fuffa che serve ad alimentare la pochezza argomentativa delle opposizioni. Al contrario sarebbe l’ipotesi di un governo “tecnico” il vero risultato di un commissariamento della politica. L’Italia paga ancora i disastri del governo Ciampi del ’93: il dimezzamento delle riserve valutarie, la rottura del patto fiscale, la trasformazione delle “partite iva” in forza eversiva. Di quei disastri Berlusconi si presentò nel ’94 come il riparatore e oggi può ancora tenere fede a quell’impegno evitando il loro ripetersi.
Si tratta infatti di scongiurare il rischio di consegnare l’Italia tutta intera agli interessi di Francia e Germania, delle loro banche e delle loro imprese. L’asse franco-tedesco infatti è ormai solo questo e non ha nulla a che fare con l’Europa, è la direttrice lungo la quale corrono e si impongono gli interessi – neppure sempre convergenti – di Parigi e Berlino. La Grecia, con il suo referendum ha spernacchiato Merkel e Sarkozy ben più sonoramente di quanto questi avevano fatto con Berlusconi. L’Italia non ha bisogno di rispondere ad umiliazione con umiliazione perché in questa guerra è l’Europa intera che ha già perso. La partita che Berlusconi deve giocare e vincere è tutta interna al partito, al suo elettorato e al paese: il suo riflesso internazionale è secondario e strumentalmente drammatizzato. Gli basta fare le cose che ha da sempre promesso e mai realizzato: non c’è molto di più in quella famosa lettera. E’ in grado di farlo? Questa è la domanda che gli ha posto Napolitano e che nelle prossime ore deve trovare una risposta… o un’alternativa.