Non credete a chi predica lo sfascio in caso di elezioni

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Non credete a chi predica lo sfascio in caso di elezioni

28 Gennaio 2008

Allacciamo le cinture di sicurezza. A partire da oggi su Forza Italia si scatenerà ogni tipo di pressione lecita e illecita, aperta e sotterranea per aprire uno spiraglio nella sua tetragona volontà di chiedere le elezioni.

Si tornerà ad accreditare l’attuale legge elettorale come la sentina di tutti i mali e si sosterrà a viva voce che chi vuol condurre il Paese alle elezioni con questo sistema è un irresponsabile egoista, che privilegia i propri interessi di parte al cospetto di quelli del Paese.

Le cose non stanno così e non è neppure difficile dimostrarlo. Cambiare l’attuale legislazione quel poco che basterebbe per levargli i suoi più macroscopici difetti è, di fatto, impossibile. Bisogna infatti considerare che vi è un referendum pendente e che questo non decade nel caso in cui le modifiche non sono tali da vanificare i quesiti. Per questo, la sola trasformazione del premio di maggioranza per il Senato da regionale in nazionale non sarebbe sufficiente a evitare la consultazione referendaria. E poi: perché mai la sinistra dovrebbe concedere ai suoi avversari questo ulteriore vantaggio? I sondaggi parlano chiaro: oggi per la coalizione di governo sconfitta vi sono quasi venti punti da recuperare. Il distacco sarà pur destinato a comprimersi ma, a meno di clamorosi accadimenti sempre possibili in politica, non ad annullarsi. Al momento, dunque, l’unica speranza per il centro-sinistra di contenere i danni è proprio quella di sfruttare l’attuale legislazione per limitare le perdite in Senato (secondo gli ultimi sondaggi il centrodestra potrebbe godere di un vantaggio certo che va da un minimo di 11 seggi a un massimo di 35). Anche se a tratti il governo Prodi è apparso un puro esercizio di masochismo, nessuno può pensare che tale pratica giunga al punto di favorire ulteriormente gli avversari, condendo loro il premio di maggioranza nazionale anche in Senato. E’ ovvio, dunque, che se la legge con la quale si voterà sarà questa lo sarà senza alcuna correzione, sia per ragioni di calendario istituzionale sia per motivi di convenienza politica.

Resta l’eventualità di trattare una legislazione elettorale nuova di zecca: circostanza che passa da un governo vero e proprio che non abbia termini prefissati. E’ questa un’ipotesi solo teorica, perché nessun Presidente incaricato potrà garantire a Berlusconi la possibilità di una normativa migliore di quella prevista nella prima “bozza Bianco”, che già rappresentava un compromesso al ribasso. E in coscienza, dovrebbe essere difficile per chiunque sostenere la necessità di un governo privo di un effettivo accordo programmatico sui grandi problemi che incombono sul Paese e che, per di più, renderebbe ancor più arduo di quanto sia oggi realizzare un moderno bipolarismo di tipo europeo.

In tal senso, c’è poi da tener conto di un’altra considerazione. Nelle precedenti elezioni la prospettiva di una lotta all’ultimo voto ha imposto ai due maggior partiti d’imbarcare chiunque: anche i portatori di poche migliaia di suffragi nel tentativo di prevalere e conquistare l’agognato premio di maggioranza. Ma se – come nelle temperie odierne – è già scontato il vincitore, questa legge concede assai più libertà di movimento sia al partito egemone nella coalizione potenzialmente vincitrice sia a quello più forte della coalizione soccombente. Si esce, insomma, dalle obbligazioni delle coalizioni coatte e, senza bisogno di accordi espliciti, i due principali partiti riacquistano la possibilità di determinare i giochi nei rispettivi campi.

Berlusconi, in particolare, potrebbe inserire nel programma di governo condiviso anche una proposta in tema di riforma elettorale (quanto meno nei suoi tratti salienti) per evitare che il referendum solo rinviato possa condizionare da subito la tenuta della sua coalizione.

Non è il massimo ma è il meglio che si possa fare date le condizioni politiche e istituzionali. Ai tanti professori di morale che da oggi inizieranno a declamare l’irresponsabilità dell’opzione elettorale, dobbiamo solo ricordare che per una legge della politica l’uovo di oggi è preferibile alla gallina di domani. Qualche volta questa regola può e deve essere contraddetta, nell’interesse del Paese. Ma chi in luogo dell’uovo oggi scegliesse il niente domani, invece dell’interesse del Paese si troverebbe a fare solo quello dei suoi avversari. In questo caso, se ne può essere certi, non mancherà chi proverà a farlo passare per statista ma lui, nella verità dei fatti e più semplicemente, si sarà solo comportato da fesso.