Nucleare. Ahmadinejad: “L’Iran non negozia i suoi diritti”
13 Settembre 2009
di redazione
L’Iran "non terrà negoziati sui propri diritti" in campo nucleare. Lo ha detto oggi il presidente, Mahmud Ahmadinejad, con una dichiarazione che sembra chiudere la porta alla richiesta delle grandi potenze, in particolare agli Usa, di avere trattative con la Repubblica islamica sul suo programma atomico.
Il caso nucleare iraniano è ormai "chiuso", ha ribadito infatti il presidente iraniano in un incontro con il nuovo ambasciatore della Gran Bretagna a Teheran, che gli ha presentato le credenziali. Ieri il portavoce della Casa Bianca Robert Gibbs aveva detto che gli Usa intendono concentrare proprio sul programma nucleare un dialogo che le grandi potenze hanno chiesto di aprire con l’ Iran, dopo che Teheran ha presentato un "pacchetto" di proposte come base dei colloqui. Tali proposte, però, hanno lamentato gli Stati Uniti e i Paesi europei, non danno risposta alle inquietudini sollevate dal programma nucleare della Repubblica islamica e si riferiscono in generale ai problemi politici ed economici mondiali. Ed è su questi temi, ha ribadito oggi Ahmadinejad, che l’Iran vuole intavolare trattative.
Anche la Turchia ha detto oggi di essere pronta a "fare tutto il possibile per aiutare a superare le divergenze tra le parti", anche se ha smentito una notizia dell’agenzia iraniana Irna secondo la quale Ankara era pronta ad ospitare un incontro tra l’Iran e i 5+1, cioè i cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell’Onu (Usa, Russia, Cina, Francia e Gran Bretagna) più la Germania.
Durante l’incontro con l’ambasciatore britannico, Ahmadinejad ha avuto nuovamente parole dure contro Londra, che l’Iran ha accusato di avere fomentato le proteste postelettorali, arrivando a espellere due diplomatici del Regno Unito. "Spero che la Gran Bretagna tragga giovamento dall’esperienza del passato e cambi il suo comportamento", ha detto il presidente.
Per domani è attesa davanti alla Corte rivoluzionaria di Teheran l’apertura di un quinto processo contro arrestati nelle proteste seguite alla rielezione di Ahmadinejad nel voto del 12 giugno. Già 140 persone arrestate sono comparse per altri quattro processi davanti alla stessa Corte nelle scorse settimane.
I siti riformisti riferiscono intanto di altri due arresti: quello di Shamseddin Isai, membro del quartier generale dell’ex candidato moderato Mir Hossein Mussavi, e quello di Ebrahim Amini, ex alto funzionario del ministero dell’Interno, collaboratore dell’ex candidato riformista Mehdi Karrubi. Da parte sua, Ahmadinejad ha preannunciato una querela alla magistratura contro un grande ayatollah della città santa sciita di Qom, Yussef Sanei, un riformista molto critico nei suoi confronti, che accusa di averlo insultato.
Ahmadinejad ha intanto nominato suo primo vice presidente Mohammad Reza Rahimi, in sostituzione del suo consuocero Esfandiar Rahim Mashai, da lui in un primo momento scelto per l’incarico ma costretto a rinunciare per le critiche degli ambienti conservatori che gli rimproveravano una frase secondo cui l’Iran può essere amico del popolo israeliano.