O spegne il fuoco o Gianfranco brucerà con tutta la casta
21 Agosto 2010
Il signor Rossi, stavolta, l’ha fatta grossa. Ha dimenticato la prima regola per chi si dedica alla politica: non aizzare, non incendiare gli animi, non eccitare la rabbia della gente.
E una norma sacrosanta che dovrebbe valere sempre. Ma necessaria ancora di più in tempi bordellosi come quelli d`oggi. E soprattutto in un paese come l`Italia. Dove la casta dei partiti, invece di governare o di fare opposizione, si sta incartando in una guerra civile di parole. Una guerra, lo ripeto per l`ennesima volta, che è molto rischiosa per tutti. Perché potrebbe passare dalle parole ai fatti.
Chi è il signor Rossi? Potrei rispondere: soltanto un giornalista, come me del resto. Per di più in un quotidiano con pochi lettori, anche se interessante e fatto con dedizione: il "Secolo d`Italia". Un tempo era il giornale del Msi, poi di Alleanza Nazionale. Oggi è una testata che si definisce "nel Pdl". Anche se nessuno sa per quanto continuerà a restare in quel partito. Dal momento che è un foglio integralmente finiano.
In questo mese d`agosto, come ha sempre fatto, il "Secolo d`Italia" è in ferie. Ma chi non è andato in vacanza è il web magazine di Farefuturo, la fondazione di Gianfranco Fini. Lo dirige il signor Rossi, ossia Filippo Rossi. Non mi è facile parlare di lui perché lo conosco. E l`ho sempre considerato un amico. Un collega ancora giovane, 45 anni, intelligente, colto, dal carattere ferreo. Un volontario, un combattente come pochi. Sia pure con il rischio di diventare un pasdaran, un guerrigliero senza tregua.
Uno strano guerrigliero. Ci siamo incontrati nel 2008, a Viterbo, nel corso di una festa del libro, da lui intitolata "Caffeina". Poi nel 2009, di nuovo a "Caffeina". Ogni volta l`ho scoperto sempre più ostile al cavalier Berlusconi. Pur essendo quest`ultimo, almeno in teoria, il suo leader di riferimento.
Da quel momento, non ci siamo più rivisti. Ma per me Filippo è sempre stato una presenza professionale.
Come direttore del giornale web di Farefuturo, veniva citato di continuo dalla carta stampata. Sia pure in una condizione anomala per un giornalista: senza mai essere indicato con nome e cognome. Infatti, a interessare ai quotidiani non era il signor Rossi, bensi l`onorevole Fini. In qualche modo il proprietario o il patron di Farefuturo on fine.
A questo punto, il discorso si estende al sistema dei media italiani. E un sistema a volte brutale, ma di solito capace di arrivare al sodo. Nel nostro caso al personaggio di Fini. Da mesi, il cofondatore del Pdl, nonché ex leader diAn, sta ogni giorno sulle prime pagine dei giornali. Fini è sempre stato un estematore indefesso. Ma quando tace, parlano per lui i suoi uomini. Oppure i suoi giornali, sia quello stampato che quello su Internet.
Se il parlamentare X o il giornalista Y dice o scrive qualsiasi cosa, la cosa qualsiasi viene considerata come se uscisse dalla bocca o dalla penna del presidente della Camera. Anche questo dovrebbe indurre alla prudenza gli uomini e le donne di Futuro e Libertà. Ma in politica, purtroppo, la prudenza non è ritenuta una virtù.
L`altro giorno, ossia giovedì 19 agosto, il signor Rossi non è stato per niente prudente. Sul sito web che dirige ha scritto un editoriale di fuoco contro il premier e il Pdl. Li ha dipinti come una banda di gangster, pronta a qualsiasi nefandezza. "Dossieraggio. Ricatti. Menzogne. Assalto agli avversari. Killeraggi mediatici. Attacchi sguaiati alle istituzioni. Propaganda stupida e infondata. Relazioni internazionali di dubbio gusto".
E’ stato un cazzotto di durezza inusitata. Al confronto, le requisitorie di Antonio Di Pietro sono prediche di un parroco bonario. Anche i giornali schierati contro il Caimano non erano mai arrivati a tanto.
Da ieri in poi, le testate anti-Cav dovranno rivedere il loro lessico. Non potranno seguitare a vivere nell`epoca prima di Rossi, dovranno vivere e lottare adeguandosi al dopo-Rossi.
Il sistema dei media ha fatto il resto. La sera di giovedi la nube velenosa scaturita dall`editoriale di Rossi ha invaso i telegiornali e i giornali radio. Per ripresentarsi il giorno successivo su tutta la carta stampata. L`effetto si è rivelato talmente forte da spingere i due capogruppo parlamentari di Futuro e Libertà a prendere le distanze da Rossi. Con una sentenza pesante: un editoriale "fuori misura".
Anche Fini ha espresso lo stesso giudizio? Non lo so. Ho provato a chiederlo all`autore fuori misura. Ma Filippo, per una volta prudente, ha preferito non rispondermi. Per questo motivo, devo affidarmi al mio intuito. Credo che il presidente della Camera abbia annuito soddisfatto, anzi molto soddisfatto, nel leggere le parole di Rossi. Forse non lo dirà mai. Dal momento che all`origine di quell`assalto c`è proprio lui, il muto di Montecitorio.
Il gallo e il pollaio. E’ il silenzio di Fini ad autorizzare qualsiasi bravata dei suoi. Il gallo non canta? Allora canta il pollaio. Ma il risultato non cambia. Quando arriva il momento, anche il borbottio del pollo più loffio viene attribuito a lui. Così va il mondo. Il presidente della Camera lo sa di sicuro. Però non credo che gli interessi più di tanto. Ormai ha iniziato una guerra totale al Caimano. E non credo che cederà le armi. Nella sfida a Berlusconi ha messo in gioco tutto se stesso, il personale e il politico, come si diceva un tempo.
Non so come si concluderà questa guerra. E confesso che della sorte del presidente dell a Camera non m`importa nulla. M`importa molto di più quanto può scaturire dalla furia distruttiva di Fini e dei suoi. Forse qualche lettore si ricorderà quello che Fini ha detto a Gianni Letta, dopo la messa per Francesco Cossiga: colpire il presidente della Camera significa fare del male all`Italia. Ma il vero male è la strategia guerrigliera che sta praticando l`ex leader diAn.
Fini scherza con il fuoco. La prima vittima dell`incendio rischia di essere proprio la casta, vale a dire il sistema istituzionale italiano. E dunque anche Fini che è seduto nella primissima fila, visto che è la terza carica dello Stato, dopo il Presidente della Repubblica e quello del Senato.
Per questo, nella tragedia della piccola Italia non vale il detto latino "mors tua, vita mea", la tua morte è la mia vita. Se il sistema sceglie la strada del suicidio collettivo, non ci saranno superstiti. La fine sarà identica per tutti. Nessuno resterà vivo. Il vertice della Repubblica diventerà una catasta di cadaveri morali.
Quel giorno non potremo dire, citando Cesare Pavese, "verrà la morte e avrà i tuoi occhi". La morte della politica avrà uno sguardo che ci fa paura immaginare. Occhi estranei alla democrazia. Occhi gelidi. Occhi da assassino che cerca il sangue.
Giampaolo Pansa
Tratto da Libero.