Obama in Asia, chiede più sviluppo economico e il rilascio di Aung San Suu Kyi
14 Novembre 2009
di redazione
Il presidente americano Barack Obama ha lasciato Tokyo diretto a Singapore dove parteciperà tra poche ore al summit dell’Apec, il forum dei Paesi dell’Asia-Pacifico. Durante la prima tappa della sua missione d’esordio in Asia, Obama ha incontrato ieri il premier nipponico Yukio Hatoyama e oggi l’imperatore Akihito e la consorte Michiko. Dopo Singapore, il presidente americano andrà in Cina e, infine, in Corea del Sud.
Durante la sua permanenza in Giappone, il presidente americano ha parlato in primis dei rapporti economici tra i due continenti e ha invitato a puntare sullo sviluppo economico dell’Asia. Il futuro dell’economia americana dipende mai come ora dall’Asia e la crescita della Cina, che rafforza l’intera comunità internazionale, non avverrà a spese dei vicini, non vogliamo "contenere" Pechino, con cui lavoriamo a una "cooperazione pragmatica". Sono questi i concetti chiave espressi dal presidente degli Stati Uniti nel discorso pronunciato a Tokyo. "Io sono un presidente americano nato alle Hawaii e vissuto da ragazzo in Indonesia – ha esordito Obama – Per questo il Pacific Rim ha contribuito a forgiare la mia visione del mondo".
"Le fortune dell’America e quelle dell’Asia del Pacifico sono legate mai come ora in modo stretto. È per questo che io voglio che ogni americano sappia – ha aggiunto Obama, che si è definito il ‘primo presidente del Pacifico’ – quello che c’è in gioco nel futuro di questa regione, perché quello che accade qui ha un effetto diretto sulle nostre vite in patria". E nella regione un ruolo sempre più dominante lo ha la Cina, con cui gli Stati Uniti vogliono "perseguire una cooperazione pragmatica sui temi di interesse reciproco". "Gli Stati Uniti – ha assicurato Obama, che nei prossimi giorni sarà a Pechino – non intendono contenere la Cina, né ritengono che una più profonda relazione bilaterale con la Cina equivalga a un indebolimento delle nostre alleanze bilaterali. Al contrario, la crescita di una Cina forte e prospera può essere una fonte di forza per la comunità delle nazioni".
Il presidente americano ha poi ammesso che con Washington e Pechino "non sono d’accordo su ogni tema" – il riferimento è alla libertà religiosa e ai diritti umani – ma i due Paesi devono comunque proseguire la loro cooperazione "in uno spirito di partnership piuttosto che di rancore. Coltivare sfere di di cooperazione, non sfere di influenza in competizione, porterà al progresso nell’Asia del Pacifico". Parlando poi della collaborazione economica con le potenze asiatiche, Obama ha ribadito come, per sostenere i timidi segnali di ripresa di queste settimane, siano necessari cambiamenti importanti nelle rispettive economie, con gli americani che devono imparare a risparmiare di più, a spendere di meno e ad aumentare le esportazioni, e con gli asiatici pronti a spendere di più per case e infrastrutture e ad accrescere i loro standard di vita. "Abbiamo raggiunto uno di quei punti della curva economica rari nella storia in cui abbiamo l’opportunità di intraprendere un percorso diverso – ha sottolineato il presidente americano – Una delle lezioni importanti che questa recessione ci ha insegnato sono i limiti del dipendere essenzialmente dai consumatori americani e dal fare guidare la crescita alle esportazioni asiatiche".
In un incontro al Suntary Hall di Tokyo con politici, imprenditori ed esponenti della società civile giapponese, Obama ha poi parlato di Myanmar (cui si è riferito chiamandolo con il vecchio nome di Birmania), sottolineando la necessità di "passi chiari" verso la sua democrazia, tra cui la liberazione incondizionata di tutti i priginionieri politici e l’avvio di "un dialogo sincero" con l’opposizione e le minoranze sulla base di "una visione condivisa del futuro". Il presidente Usa ha premuto quindi per il rilascio di Aung San Suu Kyi, sostenendo che la liberazione del premio Nobel per la pace è una precondizione a qualsiasi allentamento delle sanzioni contro il Myanmar.
"Noi sosteniamo una Birmania unita, pacifica, prospera e democratica. E se la Birmania si muoverà in quella direzione – ha affermato Obama – sarà possibile una nuova relazione con gli Stati Uniti". Il presidente americano ha poi ricordato che la sua amministrazione "sta comunicando adesso direttamente con la leadership per chiarire che le sanzioni esistenti resteranno in vigore fino a quando non ci saranno passi concreti in direzione di riforme democratiche".
Per Obama, il rilascio di tutti i prigionieri politici e l’avvio del dialogo tra la giunta militare e l’opposizione è "il modo in cui il governo birmano sarà in grado di rispondere alle necessità del suo popolo: questo è il percorso che porterà alla Birmania vera sicurezza e prosperità". La situazione in Myanmar è tra gli argomenti in agenda al vertice dell’Asean che si aprirà oggi a Singapore, dove esponenti della giunta birmana saranno seduti allo stesso tavolo del presidente degli Stati Uniti, che però non intende avere con loro colloqui diretti.