Ora si è capito che il vero nemico di Veltroni è a Palazzo Chigi
18 Dicembre 2007
di redazione
A vederlo in televisione sembrava un putto improvvisamente
invecchiato. Pochi mesi da leader del Pd
e su Walter si è fatto sentire tutto insieme il peso del tempo: mai come ora
appare offuscata la sua immagine da golden boy. Una volta i più gli volevano
bene, adesso non c’è giorno che non si scopra un nuovo nemico.
Certo, D’Alema non lo ha mai sopportato, ma adesso ce
l’hanno con lui anche i vecchi amici. Romano da Palazzo Chigi ha sparato
proprio ieri due bordate da far paura. Una l’ha scagliata contro il Vassallum.
Ha detto: non si deve fare una legge elettorale che penalizzi i piccoli
partiti. Prima di lui a protestare erano stati nell’ordine: Francesco Rutelli e
Massimo D’Alema, entrambi proporzionalisti alla tedesca, poi era toccato alla
Rosy Bindi che di spagnolo, semi spagnolo, o spagnoleggiante non ne vuol sentir
parlare. La pasionaria bianco-rossa ormai ha il ruolo del lampo che anticipa il
tuono: quando parla lei, a breve distanza segue il rombo di Prodi.
Dopo questa
serie di colpi ben assestati, Walter si aggirava come un pugile suonato e non
riusciva a far niente di meglio che smentire quella battutaccia di Fini sul
“patto della frittata” . “Non c’è nel patto con Berlusconi, né la frittata”:
continuava a dire usando una metafora che sapeva di pesanti soffritti. Addio la
vecchia signorilità ed eleganza che erano fra le sue migliori caratteristiche.
Vuoi mettere quando faceva il giovin signore di Botteghe Oscure? Era lì a tener
rapporti, a fare l’uomo di mondo fra cinema e tv, a selezionare giornalisti
comunisti per la Rai. Ora fa il Cireneo: gli tocca portar la croce cantando.
Perché mettere d’accordo sulla legge elettorale quelli che vogliono il
maggioritario con tanto di due poli, quelli che preferiscono due partiti,
quelli che auspicano un proporzionale che lasci le mani libere, quelli che di
mani libere non ne vogliono sentir parlare, è una sorta di salita al Golgota. E
mentre Walter suda e si sbatte per trovare la quadratura del cerchio,
tutt’intorno c’è chi lo schernisce, chi gli fa lo sgambetto, chi gli vuol
mettere la camicia di forza. Insomma, un calvario.
Se le disavventure sulla legge elettorale sono pesanti, le
cose non vanno meglio per quel che riguarda la costruzione del Pd. Su questo
ieri è partita la seconda picconata di Prodi. “Io – ha detto il presidente del
consiglio – non ho mai parlato di partito senza tessere, ma solo di partito
senza correnti”. Insomma, l’esatto contrario di quello che Walterino si
accingeva a fare. Lui voleva metter su un partito all’americana: leggero e
basato sulle primarie. Convention più che congressi. Una “cosa nuova” che non
prevede iscritti. Ma è stato prontamente richiamato all’ordine. Anche su questo
argomento del resto, prima che parlasse Prodi, aveva scagliato saette la Bindi
mentre Massimo D’Alema guardava con un sorrisetto sarcastico il tentativo made
in Usa di Veltroni.
In questo baillame che fine hanno fatto gli storici
laudatores del sindaco capitolino? Repubblica inanella scoop per bloccare la
sua trattativa con Berlusconi, il Corriere si è salomonicamente diviso in due:
Sartori lo attacca e Panebianco lo difende, Riotta, rigorosamente in maniche
di camicia, si affanna a sostenere le posizioni di Romano, grazie al quale siede
sulla poltrona del Tg1. Povero Veltroni è in difficoltà. Se continua così
diventerà simpatico anche ai suoi critici più accesi.