Padre Bossi, si cerca tra le mangrovie
25 Giugno 2007
di redazione
“ Abbiamo appreso stamani dalla stampa di un possibile contatto dei rapitori con i militari, ma i nostri missionari nelle Filippine non sono in grado di confermare queste informazioni” lo ha detto alla Misna padre Gianbattista Zanchi, superiore generale del Pontificio Istituto Missioni Estere (Pime).
Padre Zanchi si riferisce alle dichiarazioni rilasciate dal generale Ben Mohammed Dolorino – capo dell’”Ad hoc joint action group” (Ahjag), il gruppo congiunto governo-ribelli che si sta occupando del sequestro – secondo il quale i rapitori di padre Giancarlo Bossi si sarebbero offerti, attraverso un mediatore, di trattare per la libertà del sacerdote.
Parlando con l’agenzia di stampa statunitense “Associated Press”, Dolorfino ha detto di aver ricevuto una telefonata dai rapitori all’alba di oggi. “Un gruppo mi ha contattato, ma non tratterò con loro finché non mi daranno una prova del buono stato di salute di padre Bossi” ha detto il generale all’Ap.
Sulla base delle dichiarazioni di Dolorfino riportate dalla stampa locale e internazionale, sono circolate nei giorni scorsi informazioni rivelatesi poi non corrette, come quelle relative a una richiesta di riscatto avanzata dai sequestratori, poi smentita da tutte le fonti ufficiali.
Intanto, proseguono le ricerche di padre Giancarlo Bossi: oggi si stanno svolgendo soprattutto nella zona in cui il 10 giugno scorso il missionario italiano del Pontifico Istituto Missioni Estere è stato sequestrato da ignoti. Le ricerche, si legge in una nota dell’agenzia Misna di stamani, si sono concentrate di nuovo nella zona compresa tra Payao (sede della parrocchia del sacerdote), le fitte mangrovie del delta del fiume Sibugay, e Naga, altra zona della provincia di Zamboanga Sibugay.